Dopo alcuni mesi di assenza, il mio gradito (ovviamente solo da me) ritorno alle recensioni arriva con il disco che, manco a dirlo, finisce già al primo posto dei nuovi album 2015. Perché sì, ragazzi miei, la creatura svedese che pochi anni fa ho portato alla conoscenza di voi infedeli è tornata e lo ha fatto nel migliore dei modi: con un disco clamorosamente in linea con i precedenti.
Il quarto capitolo della saga
Enforcer è infatti un concentrato purissimo di tutto ciò che la band ci ha mostrato in passato, riassumibile per i più smemorati o per i neofiti con un semplice copia e incolla delle mie vecchie recensioni:
“heavy metal veloce, diretto, melodico ma al tempo stesso senza compromessi”“era come se i primi Metallica, i Maiden dell’era Di Anno e i Motorhead più furiosi si fossero fusi insieme in un disco da applausi a scena aperta”“giungono al terzo album confermandosi l’unica band dell’intero panorama musicale mondiale ad essere in grado di rimanere sempre fedele a un modo di fare metal che, dopo Killers, nessuno è stato più in grado di proporre con così tanta efficacia”“I primi quattro brani basterebbero a cancellare la carriera di decine di band inutili”Ecco, concentriamoci su quest’ultima frase e sostituiamo la parola “brani” con la parola “dischi”, perché
From Beyond è l’ennesimo capolavoro di una band che ha il coraggio di rimanere fedele a sé stessa, all’heavy metal e a tutto quello che di buono si può fare con una chitarra nelle mani.
Fin dal primo favoloso brano, ci si rende conto di come il gruppo sia parecchio cresciuto dal punto di vista tecnico e del songwriting: sono migliorati gli assoli, gli arrangiamenti di chitarra, il controllo degli acuti, l’eterogeneità dei riff e le linee melodiche. Queste ultime esplodono in tutta la propria potenza nella successiva
Undying Evil, pronta a fare sfracelli dal vivo anche grazie ad una divertente parte centrale.
Il terzinato della title-track alla lunga annoia e rimane forse l’unico episodio non proprio azzeccatto dell’album, che per fortuna ritrova subito alla grande i giusti binari con
One With Fire, il cui ritornello ci riporta a violente scarpate direttamente negli anni ’80.
La vocalità unica di
Olof Wikstrand viene messa al centro dell’attenzione in quella che rappresenta la prima volta della band alle prese con arpeggi e semi-ballad,
Below The Slumber, che tuttavia evolve poi in una nuova sfuriata metallica.
Immancabile la strumentale di maideniana memoria, che in questo album si intitola
Hungry They Will Come e precede la notevolissima
The Banshee, in grado ancora una volta di mostrare l’evoluzione positiva dei ragazzi svedesi verso un modo più ragionato ma sempre efficace di scrivere i propri brani.
Interessante solo introduttivo per
Farewell, che quando apre al riff portante si rivela l’ennesima legnata speed con una grande anima melodica.
Hell Will Follow sfonda i confini del thrash senza paura, spingendo ulteriormente sull’acceleratore con lucida follia, mentre la conclusiva
Mask Of Red Death all’interno dei quasi cinque minuti di durata racchiude diverse soprese, tutte estremamente piacevoli per i padiglioni auricolari di chi è cresciuto a pane e metal, con richiami nemmeno troppo velati ai quattro di Frisco.
Passando al voto, non posso far altro che rileggere le vecchie recensioni e vedere:
Into The Night e
Diamonds a parimerito con 8,5 oltre a un iperbolico 10 su
Death By Fire. Conscio del fatto che quello appena citato non viene superato e rappresenta ancora il miglior disco degli Enforcer, vista la crescita innegabile e una carriera che pian piano comincia ad essere di tutto rispetto, direi che un nove non glielo leva nessuno.
Band del decennio, disco dell’anno.
Enforcer nelle orecchie e andate in pace.