Nella via Italiana al dark rock/doom emerge il nome nuovo dell’Impero delle Ombre, formazione ideata dai fratelli Giovanni ed Andrea Cardellino, i quali per il presente debutto si sono uniti ad un’altra coppia familiare: Dario ed Enrico Caroli, già sezione ritmica dei Sabotage.
Un quartetto di musicisti maturi ed esperti in grado di proporre uno stile squisitamente retrò, che affonda le sue radici nella tradizione oscura dei vari High Tide, Black Widow, Atomic Rooster, e nelle sonorità romantico-progressive degli anni ’70, ma non vi è nulla di revivalistico in questo sound perché viene attualizzato ed irrobustito dalla maestosità del doom melodico di Candlemass, Sarcofagus, Obsessed, e degli altri esponenti di tale derivazione metal del genere.
Quindi una musica estremamente raffinata e malinconica ma allo stesso tempo solidamente heavy, ricca di bei momenti poetici ed incantevoli atmosfere brumose legate a passaggi strumentali coinvolgenti e mai stucchevoli, con l’aggiunta per nulla secondaria di eccellenti testi in Italiano finalmente profondi e significativi, tanto lontani dalle solite puerili rimette scolastiche alle quali siamo spesso condannati.
La colonna portante del disco è rappresentata dai continui incastri tra il lavoro fluente del chitarrista Andrea Cardellino e gli eleganti ricami di un organo dal fiero gusto seventies, che pare diventerà ancora più presente nel futuro sviluppo della band con l’ingresso di un tastierista effettivo, una base che esprime forza, flessibilità ed intensità drammaticamente lugubre arricchita dalla sezione ritmica debitamente potente, sulla quale si staglia il canto limpido ed evocativo di Giovanni Cardellino.
Un passo sovente lento e riflessivo ma mai monolitico, anzi il gruppo articola agilmente e con cipiglio da veterani delle estese mini-suites con sfoggio di intelligenti soluzioni variegate. Davvero notevole l’orrorifica e spiritica “Ghost”, sospesa tra vibrazioni gelide e pesanti riffs heavy fino a sfociare dapprima in una languida oasi prog-rock, ed in seconda battuta in un brillante solismo lievemente Floydiano di Andrea.
Altro brano di grande respiro è “Tormento ed estasi”, dove cogliamo il sentito messaggio di critica verso coloro che si accostano con superficialità e leggerezza alla materia occulta, venendone inevitabilmente travolti. Rilevante anche la posizione del gruppo che si professa equidistante sia dal cristianesimo che dal satanismo, vissuti come facce opposte della stessa medaglia monoteistica. Temi che testimoniano analisi acute su argomenti di ardua lettura, dove altri non sanno fare altro che trasformarli in parodie sanguinarie e grottesche.
Eccellente ancora l’iniziale “Condanna”, dark-rock severo e con toni decadenti e teatrali nella scia di Akron, Il Segno del Comando, The Black, ecc, e la cadenzata “Il giardino dei morti” che in qualche passaggio vocale ricorda vagamente un antico episodio del Banco.
Un album che rinnova la grande tradizione nostrana in questo campo, serio ed impegnativo ma intriso da una sottile vena di amara dolcezza. Un’interpretazione assai personale ed attraente, un fascino antico riproposto in chiave moderna, in sintesi una prova riuscita sotto ogni aspetto.
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