Vi è mai capitato di conquistare (non pagandola, beninteso) quella che ritenevate essere la ragazza più bella che conoscevate?
Il cuore prende a battere all’impazzata: di colpo realizzate che tale meravigliosa creatura, per motivi ignoti e insondabili, è davvero intenzionata a far sesso con voi.
La vedete spogliarsi innanzi ai vostri occhi increduli, svelando un corpo ancor più mozzafiato di quello che immaginavate; vi fate quindi avanti, un pelo intimiditi da cotanta grazia eppur risoluti a non lasciarvi sfuggire l’irripetibile occasione.
Le sfiorate i fianchi con dita bramose, dopodiché avvicinate le vostre labbra alle sue…
…e proprio in quell’attimo, anziché scoprire che oltretutto è anche simpatica (
Max Pezzali cit.), realizzate con sgomento che la vostra conquista sembra essersi appena rimpinzata di topi putrefatti.
Ora, la domanda è: in che modo influisce la circostanza che la partner, per quanto splendida, sia munita di un alito pestilenziale?
Beh, non credo si tratti di aspetto bastevole a giustificare una rinuncia all’imminente rapporto sessuale (ci mancherebbe altro…), o nemmeno ad intaccare la buona riuscita e la fruibilità della nottata.
Al tempo stesso, resto convinto che ai dettagli fuori posto vada ascritto il tremendo potere di tramutare le esperienze potenzialmente indimenticabili in esperienze belle e nulla più, di derubricare i ricordi virtualmente indimenticabili a meri bei ricordi, e in definitiva di dipanare una fosca trama di rimpianto su ciò che sarebbe potuto esser perfetto, ma perfetto, ahimè, non è stato.
Uscendo infine dalla pruriginosa metafora, enuncio con amarezza che il ritorno discografico degli
Arcturus, forse la mia band favorita
Iron Maiden a parte, appalesa un’incrinatura dalla quale sgorgano, disperdendosi, stille di cristallina grandezza musicale.
A cosa mi riferisco?
Ai suoni.
Ma dico io, nel 2015 si può assistere a uno scempio sonoro (in)degno di una release a basso budget della più scalcagnata garage band di inizio anni ’90?
Possibile non si sia trovato il modo di aumentare la nitidezza complessiva, di rendere le chitarre più protagoniste, di evitare che le parti di un
Hellhammer in stato di grazia suonassero come un fustino vuoto, che la voce
ICS Vortex, sempre immensa (ma talora sin troppo teatrale), non risultasse così isolata ed espunta dal contesto?
A quanto pare no.
E la musica vera e propria?
Sotto questo profilo non possiamo davvero lamentarci. Che ve lo dico a fare: parliamo pur sempre di una compagine di autentici geni.
Arcturian ha il pregio di suonare fortissimamente
Arcturus, pur mantenendo un approccio spesso spontaneo e genuinamente sperimentale.
Così, brani come la straordinaria opener
The Arcturian Sign, l’istrionica
Bane (sorellina della gloriosa
The Chaos Path),
Game Over o
Crashland, entrambe ammantate da una cappa di solenne tragicità, sapranno mettere i brividi agli estimatori di vecchia data.
Nel contempo, episodi come
Angst (tormenta black tanto inattesa quanto riuscita),
The Journey (come lo stesso titolo suggerisce, sorta di trip sciamanico/lisergico) e
Demon (dalle inclinazioni quasi coldwave), permettono al quintetto di estendere lo spettro sonoro e donare al disco un respiro più ampio.
Vanno senz’altro annoverati quali elementi costanti, lungo i 48 minuti di durata, l’altissima qualità e ispirazione compositiva -anche se
Archer sembra un pelo meno irresistibile delle altre- la classe sopraffina tanto in sede di esecuzione che di arrangiamento -per quanto l’incipit simil-dubstep di
Warp mi abbia destato più di una perplessità-, e, non ultimo, lo sbalorditivo lavoro di
Steinar Johnsen.
Onnipresenti ma mai invadenti, talvolta di appoggio al guitarwork e talaltra indiscusse protagoniste, romantiche prima e barbariche poi, suadenti e funeree in un sol colpo, keyboards e orchestrazioni del mastermind
Sverd marchiano a fuoco ogni canzone, ogni minuto, ogni passaggio di
Arcturian.
Ne esce un’opera densa, complessa, che ad ogni ascolto rivelerà nuovi particolari ed incrementerà il proprio fascino.
Peccato solo per quei maledettissimi suoni.
Chiarito che la sacra triade
Aspera Hiems Symfonia/
La Masquerade Infernale/
The Sham Mirrors rimane inarrivabile, appare altrettanto evidente, alle mie orecchie, che il nuovo pargolo discografico si ponga un gradino sopra rispetto al precedente
Sideshow Symphonies.
Se invece intendessimo indire un’ipotetica tenzone coi colleghi avanguardistici, non potremmo tacere che l’album in esame sconta la pena di esser coevo a piccole grandi gemme quali
A Umbra Omega,
Beware the Sword You Cannot See e
World Metal. Kosmopolis Sud.
Ebbene: seppur capace di reggere il confronto,
Arcturian non riesce, anche per colpa delle deficienze sonore sopra denunciate, a sbaragliare la concorrenza, come invece fecero i grandi capolavori del passato.
Pippe da fanatico, in ogni caso.
Voi fregatevene, fiondatevi ad acquistare l’ultimo
Arcturus e godetene sino alla fine dei giorni.
Se poi per voi l’alito cattivo non è un problema, ancora meglio…