C’era una volta il power metal, quello veloce, melodico, epico quello di metà anni ’90, quello che poi portò al
becer power, il fenomeno di decine di bands di seconda fascia che con un suono sguaiato ma sincero facevano a gara a chi faceva il disco più bello. Tra queste band c’erano gli
The Storyteller, svedesi e guidati allora come oggi dal corputo L.G. Persson. I nostri scrissero con i loro primi due dischi, peraltro quasi introvabili oggi, alcune delle pagine più belle del becer metal, riff velocissimi, melodie che ti si stampavano in mente in due secondi e una freschezza esecutiva degna dei migliori Gamma Ray. Purtroppo non sono riusciti in seguito a ripetersi su quei livelli a causa di un’appiattimento nel loro sound che rendeva i loro ultimi dischi prove abbastanza incolori. Poi sia arriva ad oggi, si arriva a Sacred Fire, il Sacro Fuoco. Che dire? Il disco per il sottoscritto è bellissimo, è un ritorno a quel power che tanto ci ha dato negli anni ’90, è una sorta di continuazione ideale delle migliori prove di Hammerfall, Gamma Ray, Running Wild, dove troviamo forse meno elementi di becer e più di power canonico, ma il risultato è comunque eccellente. Ancora una volta, colpiscono le melodie, il songwriting semplice ma ispirato, i cori messi nel posto giusto e la voce di Persson finalmente tornata pulita come agli esordi. Bellissimi anche gli incroci di chitarra, velocissimi che non possono non riportare alla mente un disco come Legacy Of Kings.
Il disco contiene anche una certa varietà e si alternano brani veloci come le bellissime Serpent Eyes, God Of War e la più canonica Let Your Spirit Fly ad episodi più cadenzati tipo As I Die o Ferryman. Ma tre pezzi meritano una menzione d’onore: 1) One Last Stand, epico e furioso con un pre chorus fantastico, un pezzo che non avrebbe sfigurato neanche in un disco come Land Of The Free; 2) Sacred Fire, una cavalcata vichinga e fiera MERAVIGLIOSA, con un ritornello degno dei migliori Hammerfall; 3) Sons Of The North, un capolavoro di power preso direttamente da Glory To The Brave, esagerato? Ascoltare per credere.
A fare da condimento al tutto ci sono anche i Running Wild d’annata in
brani come In Search For Treasure, Stone And Golds e The Army Of Souther Fell. Ora il discorso è sempre lo stesso, perché premiare un disco come questo che si limita a ricalcare le orme tracciate da altri e per giunta già copiate da centinaia di altre bands? Perché gli originali non riescono più a fare un disco del genere da decenni e allora mi chiedo se siano più originali oggi i The Storyteller che trasportano il Sacro Fuoco del vero metal piuttosto di formazioni ormai nella fossa dell’ispirazione come Hammerfall, Running Wild o Nocturnal Rites. E poi perché Sacred Fire nel suo fiero riferimento ad un genere è un disco molto coraggioso per giunta fatto uscire nel 2015 dove il trend metallaro non è certo questo, dove oggi si guarda di nuovo agli inizi degli ’80 o all’oscurità del death o del doom più intransigente. Quindi Persson e soci si mostrano assolutamenti sinceri nella proposta di omaggiare un periodo ormai perduto nel tempo.
Ora c’è da dire però che per apprezzare a pieno un lavoro
poweroso come Sacred Fire dovremmo tornare con la mente indietro nel tempo fino a 16/17 anni fa e dovremmo farlo anche col cuore, ritrovare dentro di noi per un’attimo quella spensieratezza e quell’essere un po’metallari bambini che il tempo e le asperità della vita ci hanno tolto, altrimenti la scintilla non scoccherà e considereremo questo disco solo un ascolto distratto dentro un mare di altri ascolti. I The Storyteller ce l’hanno messa tutta per ricreare la magia di un tempo, ora tocca a noi.
P.S.: C’è anche la ballad strappalacrime!!!
A cura di Andrea “Polimar” Silvestri