I Final Frontier sono un ottimo esempio di come un’amicizia tra egregi musicisti può diventare altamente fruttuosa e creativa o addirittura, volendo utilizzare un’espressione più altisonante (quella impiegata a scopo promozionale), divenire una vera “creazione del destino”.
I due leaders della band Rob Moratti e Mladen Haze condividono questa “relazione” da ben quindici anni e dopo varie collaborazioni (carriera solista per il primo, Von Groove, Triumph e 24K, per il secondo), decidono di unire le forze in questo ragguardevole soggetto musicale.
Integrano la band, con le loro qualità strumentali, il chitarrista Lawrence Falcomer (Sonic X) e il batterista Michael Shotton, già compagno di Mladen nei Von Groove.
Questo è il terzo disco per i Final Frontier e rappresenta il debutto sotto il marchio di qualità della Frontiers, che lo pubblica in Europa dopo la diffusione giapponese ad opera della Marquee/Avalon.
La Frontiera Finale si schiera con un cristallino e puro A.O.R. anni ‘80, senza alcun tipo di contaminazione modernista, sulle tracce dei grandiosi Journey, con qualche richiamo agli altrettanto favolosi Foreigner e Styx, tre bands (con l'ultima citata avente orientamento maggiormente pompous) che hanno fatto la storia del genere.
In modo particolare la voce di Moratti ricorda spesso e volentieri l’ugola dall’estensione sconfinata e così splendidamente emozionale di Steve Perry, così come Mladen (buono anche il suo drappeggio alle tastiere) e Falcomer “giocano” di frequente a fare gli Schon della situazione con ritmiche equilibrate e, soprattutto, con solos ispiratissimi e ficcanti allo stesso tempo.
Brani dal songwriting assolutamente perfetto nel loro impulso di rock adulto e melodico, sicuramente rigoroso negli schemi, ma sempre irresistibile.
La title-track illustra, fin dalle prime note, l’abilità di Moratti nell’inerpicarsi, senza apparenti difficoltà, sulle vette più elevate del pentagramma ed i connotati tipici del Journey sound cominciano a farsi sentire, trovando, però, la loro piena applicazione tra le pieghe della seguente “Two different worlds”, della toccante “Beauty and the Beast”, della vivace “Hearts on fire”, con i suoi precisi impasti vocali o ancora della rolleggiante “Who's going to love you now”.
Bellissime le tracce di melodia barocca un po’ “Styxiana” contenute in “Angel of the lake”, scintillanti le conduzioni canore di “Hollywood drama”, squisito l’alone sinfonico/acustico che avvolge lo slow “Sunset at dawn”, sfarzosi i cori celestiali e le azioni robuste delle chitarre in “Something more than this” e suggestive sono le tastiere e il guitar work espressi nel rock de luxe di “Listen to your heart”.
La seduttiva ballata pianistica “Let me be the one” con le sue armonie eleganti e un bel contrappunto di basso, è la bonus track per l’edizione europea.
Se avete consumato la discografia dei Journey e cercate “nuove” emozioni senza abbandonare quei tracciati, i Final Frontier possono essere la scelta giusta … nessun evento imprevedibile o sonorità “temerarie”, ma A.O.R. della migliore pasta, contenente tutto ciò che un fan del genere ricerca in un disco: feeling, tecnica, romanticismo, intensità, il tutto insaporito dalla giusta dose di vigoria.
“High tension wire” non riuscirà a scalzare dal loro trono dorato i classici di questo stile così come la band canadese difficilmente sarà in grado di sedersi accanto ai nomi del gotha dell’A.O.R. mondiale, che non a caso resistono nella loro posizione privilegiata da moltissimo tempo, ma è altresì lampante che i Final Frontier incarnano il loro ruolo d’epigoni in maniera molto convincente, con preparazione, personalità e capacità. Molto bello davvero!
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