E’ praticamente inutile fare speculazioni sul futuro di una band dall’esistenza lungamente tribolata come i Goatsnake. Da quel che si sapeva, dopo aver modificato numerose volte lo schieramento si erano sciolti all’inizio del 2001, poco dopo aver pubblicato uno split con i Burning Witch per la Hydrahead. Negli ultimi mesi dello scorso anno ci sono stati invece segnali di rinnovata vitalità, con il gruppo che pare ricostituito intorno alla storica coppia formata da Greg Anderson (Kid Engine, Burning Witch, Thorr’s Hammer, ora attivo nei Sunn O))) e forse nei Theeth of Lion Rule the Divine) e Pete Stahl (Scream, Wool, Earthlings?, Desert Sessions), affiancata ora dal popolare bassista Scott Reeder (ex-Kyuss e presente ovunque in questo settore) e dal batterista J.R. dei Cave-In.
E’ stato pubblicato di recente un Ep per Southern Lord contenente tre nuovi brani ed un paio di covers, ed un’altra indicazione di un probabile rientro degli ‘Snakes sulle scene arriva dalla medesima label Statunitense, la quale decide improvvisamente di ristampare in un unico cd sia il primo mitico album (“1”) uscito nel ’99 per Rise Above, sia l’Ep “Dog days” risalente all’anno successivo.
Per chi non conosce i Goatsnake (spero pochi..) è bene ricordare che un decisivo punto di forza della band è la bellezza del contrasto-coesione tra i riffs pachidermici e tombali di Anderson e la passionale limpidezza della voce di Stahl, al quale si aggiunge la capacità di scrivere splendide canzoni senza farsi mai prendere la mano da avventure jammistiche, restando anzi fedeli ad una lineare tradizione heavy/doom delle origini.
In merito alla presente uscita non c’è molto da dire, nel senso che si tratta di materiale che i fans del gruppo avranno già in cassaforte, ed un paio d’inediti come la cover della Sabbathiana “Who are you” non giustificano ulteriori investimenti. Posso piuttosto consigliarlo a chi vuole avvicinarsi alla formazione perché comprende due lavori di ottima qualità, anche se a parer mio il magnifico “Flower of desease” è leggermente superiore e resta al vertice della discografia degli ‘Snakes.
Nello specifico, l’album d’esordio pur con minime pause mette insieme una superba varietà di soluzioni: dagli up-tempo rocciosi, battenti e carichi di groove (“Slippin’the stealth”,”Mower”) agli slow drammatici corredati di raffinate componenti melodiche (“What love remains”,”Trower”), mentre “Dog days” è decisamente più orientato verso soluzioni oscure e classicamente doom (“The orphan”,”Heartbreaker”) o addirittura dal pesante influsso sludge (“Raw curtains”). Entrambi comunque ci mostrano una formazione che per ispirazione, tecnica e particolare approccio alla materia si pone decisamente tra i migliori esponenti della corrente neo-doom degli ultimi anni.
Vale la pena ripercorrere queste prime tappe della carriera Goatsnake, in attesa che si sveli il mistero sulla nuova e sperata reincarnazione della band.
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