Eccolo qui, l’album della definitiva (s)consacrazione dei
Darkend!
Già, già, mi sembra di udire i vostri mugugni polemici: non stiamo certo discettando di un nome particolarmente in vista all’interno della scena. Al tempo stesso, una delle lezioni che la nostra musica prediletta dovrebbe insegnarci è quella di non basare mai il giudizio su parametri effimeri come notorietà, bailamme mediatico e, soprattutto, dati di vendita (soprattutto ora, col mercato discografico prossimo al collasso).
Quelli, forse, van bene per il
pop; da queste parti, fino a prova contraria -e con qualche notabile eccezione, vedi
Amaranthe,
Bring Me the Horizon,
Butcher Babies e compagnia brutta- dovrebbe contare una cosa sola: la qualità.
Ebbene, carissimi lettori di
Metal.it, sappiate che sotto questo profilo la band proveniente da Reggio Emilia non ha nulla da invidiare a nessuno.
Ciò rispondeva già al vero in occasione dei precedenti album dei Nostri, “
Assassine” (2010) e “
Grand Guignol – Book I” (2012), laddove la materia del
symphonic black veniva dapprima trattata con grandissima abilità -seppur con un modicum di deferenza ai canoni stilistici propri dei
Cradle of Filth di fine anni ’90- e poi pian piano accantonata in favore di un
extreme metal più personale e sfaccettato.
Oggi assistiamo ad un ulteriore, deciso passo avanti in termini di cifra artistica ed autorevolezza, grazie ad un album, “
The Canticle of Shadows”, sì in grado di mantenere intatte le caratteristiche vincenti del sound
darkendiano (neologismo infame, lo so), ma proiettandole verso vette di eccellenza mai lambite prima.
Se dubitate del mio entusiasmo -comprensibile, nemmeno io mi fiderei del sottoscritto- vi basterà poggiare l’orecchio sul brano presente in calce alla recensione. “
Of the Defunct”, che vede tra l’altro la partecipazione di
Attila Csihar in veste di guest, è un’orgia sonora annichilente ed empia, raggelante eppur irresistibile, in cui sacralità e malignità si rincorrono sino a congiungersi in un impuro abbraccio.
Una delizia, al pari delle ritmiche killer dell’opening track “
Clavicula Salomonis”, delle funeste atmosfere evocate in “
Il Velo delle Ombre” -se ricordate il film “
Il Nome della Rosa” vi attende una sorpresina- o ancora del solenne incedere di “
A Precipice Towards Abyssal Caves (Inmost Chasm, I)”, dotata di un incipit degno dei migliori
Dissection e di un break strumentale da mozzare il fiato.
Al di là di singoli brani o di passaggi particolarmente riusciti, è il livello medio delle composizioni a stupire: “
The Canticle of Shadows”, infatti, riesce a mantenere una continuità invidiabile lungo tutti i 50 minuti di durata.
Merito, in primo luogo, di una evidente maturazione nel songwriting, che mantiene la propria intrinseca complessità rifuggendo tuttavia autoindulgenza e ridondanza -obiettivo, questo, non sempre raggiunto in passato-.
In seconda istanza, una grande mano alla fruibilità complessiva arriva dalla cura certosina per gli arrangiamenti e dalla convivenza, mai così pacifica, tra cori, orchestrazioni, inserti sinfonici e l’anima più squisitamente metal del sound.
Non guasta, poi, una prestazione maiuscola di tutti i musicisti coinvolti, nessuno escluso.
Un plauso anche per la gestione delle ospitate dietro al microfono, che spesso si rivelano armi a doppio taglio ma che, in questa sede, conducono all’esito sperato, ossia fornire un
quid in più in termini di coloritura e varietà canora.
Così, alle ugole del già citato
Attila, di
Niklas Kvarforth (
Shining),
Labes C.N. (
Abysmal Grief) e
Sakis (
Rotting Christ) vengono affidate linee vocali
ad hoc, in grado di valorizzare le loro caratteristiche canore e, di conseguenza, i pezzi prescelti.
Seguo i
Darkend da anni ormai, e li ho sempre reputati un gruppo tanto valido quanto sottovalutato. Tuttavia, nemmeno io mi sarei mai atteso un’evoluzione così entusiasmante... quindi li avevo sottostimati anch’io, a voler ben vedere.
Lieto di essermi sbagliato.
A questo punto non mi resta che complimentarmi con la band, caldeggiarvi l’acquisto e schiacciare di nuovo il tasto play.
Ah, già che ci sono levo anche un posto dalla mia playlist 2016, tanto “
The Canticle of Shadows” ci finisce senz’altro.