Non è soltanto la presenza del leggendario drummer Joe Hasselvander (Pentagram, Deathrow, Simmonds, Raven) ad aver attirato l’attenzione sui Black Manta, doom-band del Maryland. In realtà il loro nome circolava da tempo nell’ambiente degli appassionati statunitensi, i quali lo avevano circondato di un alone da “next big thing” che ora possiamo valutare di persona grazie all’intervento della Psychedoomelic, l’etichetta Austro-ungarica in evidente ascesa nel settore.
Questo “Fuck them all but six” è un sostanzioso Ep di cinque brani più due microscopici intro/outro, che ci mostra una band solida e concreta proporre un classic-doom Sabbathiano privo di fronzoli e contaminazioni.
Dritti al sodo, i Black Manta hanno tiro ruvido ed attitudine heavy, non perdono tempo a complicarsi la vita con strutture intricate o sbrodolamenti inutili preferendo un songwriting roccioso ed essenziale, puntando su una manciata di buoni riffs diretti ed oscuri insieme a ritmiche cadenzate e massicce. Il vocalist Skull possiede il giusto timbro roco per garantire pathos tenebroso agli slow sporchi e maligni come la title-track o il mid-tempo fangoso “Entropy” ed il gruppo, che autodefinisce la propria musica “bomb rock”, mantiene le promesse mostrando muscoli tosti alla maniera dei Pentagram negli episodi heavy-doom più energici, come “Space ape” e “Days of yore”.
Grinta e potenza grezza, atmosfere primi anni ’80, canzoni di buona fattura, non è certo il caso di gridare al miracolo ma i Black Manta si rivelano una formazione valida ed onesta, che farà felici i fans di Spirit Caravan, Pale Divine, Reverend Bizarre, Mighty Nimbus, Minotauri, ecc, e visti i tempi non è poco. Comunque attendiamoli con fiducia a prove più sostanziose.
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