Da una parte, un confortante
team di lavoro, forte di un
palmares di assoluto prestigio e di una comprovata attitudine alla materia. Dall’altra, un compositore e musicista completamente sconosciuto e un cantante di ottimo livello, assai duttile (capace di passare con disinvoltura dall’
hard-rock al
prog-metal, e in grado di disimpegnarsi con buon profitto addirittura in terreni
grungiaroli) e tuttavia apparentemente non adattissimo ai presupposti con cui i
Room Experience si affacciavano alla ribalta internazionale.
Ebbene, oggi che il frutto della collaborazione tra Pierpaolo "Zorro11" Monti (Shining Line, Charming Grace, Lionville), Davide "Dave Rox" Barbieri (Wheels Of Fire, Charming Grace), Steve De Biasi (Gunshy, Charming Grace) e Amos Monti (Shining Line, Charming Grace, Lionville), già artefici di progetti di lussuosissimo
rock adulto, e un
carneade come Gianluca Firmo, è disponibile per concrete valutazioni, posso affermare con serenità che a vincere sono stati un'altra volta il
talento e la
passione, alla fine gli unici e formidabili aghi di ogni bilancia.
Il
talento e la
passione di gente che si “sbatte” da anni e tra faticose gratificazioni e mille difficoltà non ha mai perso la voglia di crederci e d’impegnarsi in nuove “sfide”, offrendo una possibilità di “visibilità” a chi per tanto tempo aveva visto il proprio
talento e la propria
passione circoscritti dalle mura della sua rassicurante
stanzetta.
E poi c’è la lungimiranza di aver scelto un
vocalist come David Readman (Pink Cream 69, Voodoo Circle, Adagio, …), abilissimo nell’adeguare la sua flessuosa laringe alle variegate partiture dell’opera, bandendo ogni forma di diffidenza (e la mia era invero abbastanza “corposa” e devo ammettere che non è stata facilissima da debellare …) con la forza dell’interpretazione e, guarda un po’, di un’innata
passione e di uno scintillante
talento.
Il risultato è un disco eccellente, edificato sull’insegnamento dei maestri (Bon Jovi, Europe, Bryan Adams Survivor, …) eppure piuttosto sorprendente, vario, accattivante senza essere mai smaccatamente “ruffiano”, in cui le melodie sanno essere immediatamente infettive o “subdole”, andando a titillare i gangli sensoriali fin dal primo contatto, per soggiogarli definitivamente magari soltanto dopo un ascolto più esteso e concentrato.
In apertura “Shock me” instaura subito un clima di scintillante tensione espressiva, grintosa, immaginifica e raffinata allo stesso tempo, la successiva “Tomorrow came” avvolge l’astante con un’atmosfera vaporosa e magnetica e "Run to you” completa il trittico iniziale con una linea armonica di notevole suggestione emozionale.
“Queen of every heart” unisce
verve, tastiere estetizzanti e chitarre affilate, “Another day without you” è un gioiellino di vibrazioni malinconiche, perfetto per le vostre notti insonni e vagabonde a crogiolarvi nei
flashback di un amore perduto, ”One way out” è un altro momento di classe innervata di fisicità, mentre la soffusa “The only truth” si conficca nuovamente nel cuore degli animi più sensibili, con il timbro scultoreo di Readman che torna ad illanguidirsi (in tali frangenti esibisce sfumature vocali vagamente Elton John-
esque!) senza scomporsi.
Per “riprendersi” da tanto struggimento cosa c’è di meglio di una sbarazzina “Not time yet for a lullaby”, utile anche per defaticare i sensi in vista di un fenomenale epilogo, che li metterà sicuramente a “dura prova” grazie all’attanagliante spirale melodica di “Rainbow in the rain” (una “roba” che piacerebbe anche a Mr. Peterik!), all’irresistibile “No sign of summer” (sono giorni che non riesco a liberarmene …) e a “Only goodnight”, una ballata pianistica (cantata dallo stesso Firmo) rifulgente di un
pathos tangibile che si propaga intatto fino alla sorpresa “ectoplasmatica” conclusiva, un’autentica
sciccheria per palati fini.
Siamo quasi alla fine e mi accorgo di non aver rimarcato la nutrita presenza di “ospiti eccellenti” (Alessandro Del Vecchio, Iván González, Sven Larsson, Stefano Zeni, Boris Matakovic, Andrea Gipponi, Aurë, Minna Ora, …) di cui si può vantare l’albo … e se lo faccio solo ora, è forse perché il loro contributo, pur straordinario, è assolutamente “funzionale” alla consistenza di “Room experience” e s’inserisce con misura e garbo in un tessuto artistico che non ha bisogno di “protagonismi” per attirare l’attenzione.
I Room Experience, rappresentano, dunque, la conferma del valore della “scuola italiana” del genere, oggi arricchita dall’ingresso di un brillante “nome nuovo”, il cui già elevato
standard compositivo è verosimilmente destinato a consolidarsi e caratterizzarsi ulteriormente.
In maniera
appena meno prosaica, lasciatemi però ribadire che questa
band incarna anche la vittoria della tenacia, dell’entusiasmo, dell’urgenza di espressione a dispetto di un mondo della musica sempre più superficiale e indifferente … il trionfo della
passione e del
talento, insomma … se ancora non si era capito.