Buon esordio, peraltro giunto dopo poco più di un anno di vita, da parte dei torinesi
Hot Sunday Blood che fanno della scena alternative la loro linfa da cui prendere ispirazione e fluttuare liquidamente tra echi di
Alice in Chains e Stone Temple Pilots, con qualche sporadica digressione in territori più rocciosi ed impervi, dove riescono ad essere convincenti allo stesso modo di quando risultano più onirici e paiono saper regalare un bel "trip" all'ascoltatore.
Ammetto candidamente che il cd è stazionato a prender polvere sulla mia scrivania per qualche settimana di troppo a causa della cover scelta per presentare questo "
Someone Left Behind", sembra brutto dirlo ma da che mondo è mondo la grafica di un cd vuol dire molto, stesso motivo per cui da adolescente ho acquistato delle ciofeche terrificanti a causa di splendidi artwork o ho ignorato capolavori a causa di un'iconografia rivoltante. E' quest'ultimo il caso degli
Hot Sunday Blood che certo con la gilf in bella mostra non invita all'ascolto o quanto meno non fa immaginare questa bella proposta di rock variegato, quando più "pop" ("
I deserve to see", una delle meno riuscite invero, forse un lato da lasciare un po' da parte), quando maggiormente grunge (con l'opener "
Cosmic Doom Machine" e la bella "
Blood Party") e quando, come accennato prima, più vagamente metal con "
I Hate You", senza dubbio una delle migliori del disco, con degli accenni anche in growl che sorprendono in positivo. Altro hilite del disco la titletrack, che si muove in maniera soffusa che probabilmente riflette in modo perfetto quella che sembra essere l'anima più riuscita della band, come la successiva "
Brain Cage" ed in particolar modo la conclusiva "
Satellite", degno ipnotico e sognante epilogo di un disco che coglie nel segno e comunica le giuste sensazioni.
Sebbene nella seconda metà del disco si avverta un lieve calo di forma a causa di un paio di brani leggermente sottotono rispetto al resto dei pezzi, questo non inficia più di tanto il risultato finale, sempre considerando che stiamo parlando di un debutto. Da segnalare la buonissima resa del sound e la prestazione di
Andrea Amerini dietro il microfono, eclettico il giusto e piacevolmente simile a tanti interpreti di questo filone musicale così in voga una ventina di anni fa, ma ancora in grado di poter dire qualcosa.
Consigliato un ascolto ai nostalgici del Seattle sound.
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