Prosegue il momento di prospera creatività per gli
House of Lords, ed è sufficiente il primo contatto con questo loro nuovo “Indestructible” per rendersi conto che a farli tornare sulla “scena”, a solo un anno di distanza dal precedente “Precious metal”, sono state esigenze espressive e non mere programmazioni commerciali.
Possessori di timpani “sofisticati” impegnati alla lettura preparatevi dunque all'ennesimo diluvio di sonorità cromate, splendidamente coordinate da un James Christian in smaglianti condizioni di forma, sostenuto come di consueto da una formazione praticamente inattaccabile per competenza e sensibilità esecutiva.
Il
songwriting è la solita miscela d’impulsività e raffinatezza, ma la sensazione è che nell'occasione si sia voluto favorire un approccio maggiormente “in your face”, ostentando gli “attributi” pur mantenendo la ben nota riconoscibilità e finezza melodica.
“Go to hell” apre l’albo fondendo in un unico prezioso crogiolo Zeps, Rainbow, Only Child e … House Of Lords, e a tutti i
fans dei Winger consiglio l’ascolto prioritario della pulsante
title-track e della frenetica “Ain't suicidal”, sicuramente degne del sublime gusto compositivo del grande Kip, con il quale, a questo punto, si può ipotizzare un’interessantissima e proficua competizione.
E sempre a proposito di “sfide” illustri, direi che l’emozionante “Pillar of salt” potrebbe rischiare di aprire un altro “confronto interno”, con un Christian capace di sbaragliare sul suo terreno preferito l’ultimo Coverdale, non sempre artefice di prestazioni così vitali e ispirate.
Flussi imperiosi di “forza & melodia”, sebbene un po’ “epidermica”, arrivano pure da “100 Mph”, mentre “Call my bluff” è un piccolo glossario di
hard pregiato, seguito dalla delizia sentimentale (con un pizzico di Brian Adams nell'impasto sonoro) “We will always be one”, dalle linee armoniche tanto essenziali quanto efficaci.
Sfarzo e potenza ritornano con le intense vibrazioni di “Die to tell”, con la scintillante “Another dawn” (Aerosmith
goes to pomp?) e la vagamente Def Leppard-
iana “Eye of the storm”, in buona sostanza tutte figlie della nobile epopea di un famoso e seminale
Arcobaleno, qui trattata con spiccata personalità ed eccezionale eleganza.
L’ultima “botta” la riserva l’accelerata “Stand and deliver”, anch'essa in qualche modo affiliata al profilo stilistico delle precedenti
songs, e tuttavia leggermente meno “impressionante”, nonostante una notevole piacevolezza complessiva.
Un gran bel disco, insomma, appena inferiore al suo predecessore, che però conferma il livello d’invidiabile maturità e integrità artistica di questi
indistruttibili Signori del Rock, a cui indirizzare ancora una volta tanta ammirazione, stima e riconoscenza.
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