Per la gioia del nostro capo, eccovi una band direttamente da
Bergen, Norvegia, di cui il Graz ha ormai le chiavi di cittadino onorario.
Chi sono gli
Ossicles? Essi sono un duo di fratelli, giovani polistrumentisti, che hanno dato alle stampe questo debut "
Mantelpiece" già nel 2012, ma i ragazzi hanno da poco firmato per Karisma Records, che ha deciso di ristampare e distribuire in maniera più consona il debut album, in attesa del secondo che dovrebbe vedere la luce a fine anno.
Gli Ossicles sono 'figli' di
Steven Wilson, con il loro sound moooolto Porcupine, anche se contaminato abbondantemente, ed è paradossale, ma paradossalmente giustificabile, sentire echi di tutto ciò che è dna norvegese; dalla asciutta disperazione burzumiana alle ritmiche ossessive, dai temi melanconici a strutture melodiche mai lineari, mai pentatoniche, mai costruite su scale armoniche 'facili'. Fatta salva la perizia ai vari strumenti del dinamico duo, l'album è un impegnativo viaggio musicale, ricchissimo di spunti e soluzioni sonore spiazzanti e disturbanti, pur poggiando saldamente su un prog rock che a volte mi rassomiglia gli OSI, a volte i Kaipa, molto spesso i succitati PT.
Dalla melodica "
Luna's Light", alla ipnotica "
Watersoul II", giù giù fino alla suite "
Silky Elm", c'è davvero una incredibile quantità di sfumature e suggestioni da assaporare, con calma e senza la speranza di una fruizione diretta. Credo non sia un caso, tra l'altro, che lo stesso Wilson li abbia pubblicizzati in maniera spietata, e che Mike Portnoy li abbia chiamati a far parte della line-up di Progressive Nation at Sea.
Interessanti, difficilissimi da fruire, pieni di idee, già più che maturi. Vi deve decisamente piacere il genere, ma gli Ossicles possono essere una scoperta affascinante.
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