Il 30 giugno del 1908, nella zona siberiana di
Tunguska, avvenne uno dei più grandi cataclismi dell’era moderna. Qualcosa, la versione ufficiale parla di un meteorite ma le sue tracce non sono state mai rinvenute, si schiantò in una delle aree più desolate e disabitate della terra, provocando un esplosione che è stata valutata migliaia di volte superiore all’atomica di Hiroshima. Oltre diecimila chilometri quadrati di foresta devastati, onde sismiche avvertite in tutta Europa, per i mesi successivi il cielo di Londra e Parigi venne illuminato quasi a giorno e furono visibili spettacolari aurore boreali. Eppure questo evento sensazionale fu liquidato con pochi trafiletti dai quotidiani e subito dimenticato. Uno dei tanti misteri che, a distanza di decenni, ci dicono siano stati perfettamente risolti. Ma nessuno chiarisce come, né offre spiegazioni chiare oltre ogni dubbio.
Oggi questo episodio torna alla ribalta, grazie al trio tedesco
Shakhtyor ed al loro disco, intitolato proprio “Tunguska”.
Un’opera interamente strumentale, orientata sul post-metal d’avanguardia. Pensate a Inter Arma, Hull, Neurosis, con qualche passaggio più acido alla Karma to Burn, e potete farvi un’idea. Quello che colpisce, però, è l’atmosfera. Che pare ricostruire l’avvenimento, dai crepitii statici iniziali all’esplosività “nucleare” della conclusiva “Solaris”. C’è un’aria di mistero, di enigma, che attraversa il lavoro e lo rende meno indigesto, in qualche modo più agile.
Se vi immergete nello scenario descritto, è album che può dare soddisfazione.
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