Qualche difficoltà incontrata nel raggiungere la necessaria stabilità a livello di line-up non ha certo aiutato i
Sinners Moon ad arrivare speditamente all'esordio discografico, compito che è toccato al qui presente "Atlantis", un album che già dal titolo lascia intuire quelli che potrebbero essere i contenuti lirici e musicali adottati.
E questa formazione proveniente dalla Slovacchia svela i propri
segreti sin dalle prime battute dell'opener "Inner Demons", che dopo un'apertura orchestrale si snoda sui contrasti vocali tra la voce angelica di Simona e quella ringhiosa di Derick. Poco più di cinque minuti ma già in grado di collocare i Sinners Moon in quel novero di formazioni largamente ispirate da gruppi come Nightwish, Visions of Atlantis, Edenbridge, Sirenia... e soprattutto dagli After Forever ed Epica, cui rimandano in maniera esplicita con la successiva "Memento Mori".
Non che brani come "Buried" (che palesa un bel taglio heavy ma anche qualche ingenuità negli arrangiamenti) facciano trasparire chissà quali altre tentazioni, infatti, i Sinners Moon non lasciano avvertire pericolosi tentennamenti nell'affrontare il percorso che si sono ritagliati addosso. E, nei limiti tipici dei
followers, lo fanno con apprezzabili risultati, perdendo sì qualche colpo nella leziosa "Pray for the Child" o a causa di una fiacca "Dark Episode", ma guadagnando punti con le ariose "Fly to the Moon" o "Sinners Moon" (vera Nightwish
addicted) e riuscendo poi a non perdersi troppo nelle trame complesse e cangianti della titletrack (che sfiora i dodici minuti di durata), ma anche grazie agli sforzi nel provare a rivitalizzare Tony Kakko (Sonata Arctica), qui coinvolto come guest vocals sulla vivace “My Servant”.
You want it all, but you can't
read it
It's in your face, but you can't
read it
What is it? It's it
What is it? ... it's the
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