Maya - The Prophecy is Broken

Copertina 7

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2015
Durata:46 min.
Etichetta:Underground Symphony

Tracklist

  1. KUKULKAN
  2. SPIRIT
  3. TREASURE WORLD
  4. THE PROPHECY IS BROKEN
  5. FIGHT
  6. STRANGERS
  7. THE CHOSEN ONES
  8. THE DAY AFTER
  9. DEJA-VU

Line up

  • Amerigo Vitiello: vocals
  • Alex Mognoni: guitars
  • Alessandro Quadrelli: bass
  • Mirco Petocchi: drums
  • Daniele Chierichetti: synth

Voto medio utenti

Oggi è la giornata dei monicker poco originali, dopo i Macbeth mi appresto all'ascolto dei Maya, band italiana arrivata qui al suo debutto sulla lunga distanza, con questo bell'album intitolato "The Prophecy is Broken".

Il gruppo esiste dal 2011, e le influenze dei vari componenti sono veramente molto varie, abbracciando un pò tutti gli angoli del metal, e spingendosi verso l'AOR, la fusion e molto altro. Di certo, la posizione più instabile in band è stata quella del cantante, tanto che questo debut album vede Marco Sivo dietro il microfono, già sostituito da Amerigo Vitiello.

Questa, in brevissimo la storia. Adesso schiacciamo play, e vediamo che succede. Beh, amici e amiche, succede che, come si poteva forse immaginare, questo album ha veramente mille facce, risentendo (quasi sempre) positivamente di tutte le influenze succitate, visto che le suddette riescono ad amalgamarsi con poca fatica. Il risultato di base è un heavy metal molto, molto melodico, infarcito di momenti un filo più prog, poche accelerazioni e molte virate AOR, che rendono il progetto decisamente interessante.

Niente scapocciamenti, indi. Qui si gioca di fioretto, sin dall'opener "Kukulkan", perfetta epitome di tutto quel che seguirà. "Spirit" è morbida e quasi Toto, "Treasure World" si carica di metallo, anche se i cantati sono tutti radio-friendly, molto carino. La title track mostra un lato un pò più Masterplan 'light', e invece brani come "Fight" o "The Day After" ci permettono di vedere il lato più cattivo dei Maya, che comunque hanno sempre un suono molto keyboard-driven, merito (colpa?) di Alessandro Del Vecchio alla produzione, ma che dà un taglio decisamente riconoscibile al prodotto.

Una band giovane ma di esperienza. Meritano un ascolto, due, tre.

Recensione a cura di Pippo ′Sbranf′ Marino

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