Triestino di nascita, londinese di adozione e una passione innata per il
rock n’ roll.
L’
identikit di
John Douglas Prasec è in fondo questo, e anche se è doveroso sottolineare alcune collaborazioni di spessore (con Kee Marcello, Arthur Falcone e Alessio Garavello, tra gli altri), per lui meglio di ogni
curriculum parlano i ventidue minuti di musica contenuti in questo suo eponimo
Ep.
“Roba” schietta, viscerale, racchiusa in cinque canzoni costruite con spiccato gusto melodico e la giusta dose di “sporcizia”, la stessa che contraddistingue la voce scabra, un po’ sghemba e adescatrice del nostro
rocker “d’esportazione”.
Nulla di “trascendentale”, sia chiaro, Prasec e i suoi sodali mescono la loro formula musicale passando in rassegna monumenti del calibro di Hanoi Rocks, Aerosmith e Motley Crue, finendo per lambire la versione più “oscura” di tale ceppo sonoro, ben rappresentata da formazioni come Vain, The Cult o The 69 Eyes.
L’apertura frizzante e
catchy di “Give me your heart” lascia il posto a una “Sweet case” di Quireboys-
iana memoria, mentre tocca al potenziale
hit “God save rock and roll” (potrebbe piacere pure ai
fans di Alice Cooper) e alla buona “Light” tentare di ammaliare il dissoluto “popolo della notte”.
“Seventeen”, infine, è un gradevole
divertissement in puro spirito
glam n’ punk n’ roll, per un esordio abbastanza intrigante, da cui emerge la vocazione autentica di un valido interprete del settore.
Attendiamo sviluppi …
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