Il ritorno dei
Disturbed è sicuramente uno dei più attesi di questo 2015. Dopo una pausa di ben quattro anni gli statunitensi tornano con questo
"Immortalized" e, da dire subito, non hanno reso vana l' aspettativa e le speranze dei fans. Sicuramente siamo un po' al di sotto della qualità di
"Ten Thousand Fists" e del loro, forse, miglior album,
"Indestructible", ma la carica e il valore dei pezzi non si discute, il nocciolo è invece la loro originalità.
Da quel
"The Sickness" del 2000, che ha sconvolto il mercato del nu-metal, la band si è lentamente spostata verso un metal più tradizionale, con un occhio sempre buttato verso l'appeal dei propri pezzi, specialmente per quanto riguarda i singoli. Dei "gran paraculi", come li aveva definiti il nostro
Sire Gianluca 'Graz' Grazioli nella sua
recensione di "Indestructible", qualità che David Draiman&Co. non hanno perso nemmeno in quest'occasione. "Accattivante" è ancora il termine che identifica le composizioni dei
Disturbed, una attenzione particolare che si focalizza anche sulla disposizione dei pezzi nella tracklist, di modo da catturare l'ascoltatore, quasi schiavizzandolo, osservandolo con sguardo tirannico.
"Immortalized", come precedentemente detto, conserva tutte le caratteristiche proprie del sound dei
Disturbed: potenza, melodia quanto basta e innegabili botte di groove disposte pressoché ordinatamente lungo lo scorrere dei brani. Stavolta non si parte in quinta come in
"Ten Thousand Fists" e
"Indestructible", che si aprivano con due dei migliori pezzi dei rispettivi album, bensì si trova una intro strumentale dal titolo
"The Eye of the Storm". La title-track è invece la vera opener; un riffing roccioso apre le danze ed introduce l'inconfondibile voce di David Draiman, nulla di nuovo per chi già conosce i
Disturbed, i ragazzi sanno fare il proprio lavoro e lo dimostrano ancora una volta. Questa, però, sarà l'impressione che rimarrà per il resto dell'album: un voler tornare in scena, adoperando i soliti cliché che, per quanto possano aver funzionato sino ad ora, potrebbero cominciare ad annoiare il pubblico. Pezzi come
"The Vengeful One" sono stati chiaramente scritti per la prossima tournée allo scopo di ingrifare i fans, alla stessa maniera della seguente
"Open Your Eyes", dove il groove arriva a livelli molto alti.
"The Light" si distacca leggermente dalle precedenti, assomigliando maggiormente ad un pezzo alternative, più quieto e riflessivo, almeno nella prima parte.
"What Are You Waiting For" è aggressiva, ma non regala nulla di eccezionale, diversamente da
"You're Mine" che ha un approccio più elettronico nei primi istanti per poi svilupparsi in un pezzo heavy.
"Who" riporta ai lidi tanto cari ai
Disturbed,
"Save Our Last Goodbye" è dotata di un riffing possente e di un chorus invitante,
"Fire It Up" comincia con il suono di un bong e sfoga in una party-song accattivante. Una sorpresa di questo
"Immortalized" è la cover di
"The Sound of Silence" con una gran prestazione del vocalist e una suggestiva atmosfera.
"Never Wrong" e
"Who Taught You How to Hate" chiudono il disco con una buona carica, ma senza aggiungere altro.
In conclusione, un fans dei
Disturbed sa già cosa aspettarsi e chi non li ha mai sopportati non cambierà di certo idea adesso.
"Immortalized" è un buon disco, che ripercorre sempre le stesse strade, ma che non fa assolutamente gridare al miracolo...
Video di "The Vengeful One"