Confesso di aver temuto un po’ … solo per un attimo, o per meglio dire per circa tre minuti, la durata dell’
opener “Stargate” … il rischio di dover affrontare un esempio di
folk-rock sulla scia dei Blackmore’s Night non è che mi entusiasmasse particolarmente, pur rispettando e, in parte, ammirando, quanto prodotto dell’ormai ex “man in black” dopo l’abiura della gloriosa fede
hard n’ heavy.
Il marchio autorevole della Black Widow Records e la partecipazione di contributori di comprovata integrità artistica (Andrea Cardellino de L’impero delle Ombre e Witchfield, Enio Nicolini di The Black, Unreal Terror, Sloe Gin e Akron, e Gianluca Bracciale anche lui di fama The Black), rappresentavano una solida garanzia, eppure quella chitarra e quei vocalizzi, inseriti in un contesto
medievaleggiante, sebbene gli esiti fossero abbastanza fascinosi, non mi lasciavano del tutto “tranquillo”.
Fortunatamente il prosieguo dell’ascolto de “L’antico regno”, opera prima dei nostrani
Secret Tales, commemora ben altre figure ispirative, decisamente più immaginifiche e appassionate nel loro approccio alla materia.
Dunwich, Presence, Crystal Phoenix e Ancient Oak Consort, sono, infatti, i primi nomi che affiorano alla memoria mentre le note leggiadre, fiabesche e fosche dell’albo mi avvolgono, conducendomi in un mondo ancestrale e pagano, tra atmosfere gotiche, melodie disperse nei meandri del tempo e seducenti ambientazioni intrise di magia e di leggenda, in un misto di “Il signore degli anelli” (suggestione probabilmente enfatizzata dalla presenza, in veste di
special-guest, del compianto Gianni Musy, illustre attore e doppiatore, voce, tra gli altri, proprio dello stregone Gandalf nella fortunata trasposizione cinematografica del capolavoro di Tolkien), “Legend” e la “Excalibur” di Boorman-
iana memoria.
Esaltato dalla laringe maliosa di Tiziana “Princess” Radis, coordinato dalle sontuose tastiere e dagli arrangiamenti di Roby Tav e impreziosito dal sensibile
guitar-work di Giancarlo “Zepi” Gabbanella, il disco si dipana attraverso un tracciato sonoro e lirico (che si avvale di un’efficacissima ricchezza linguistica, tra egemonico italiano, francese e inglese) dall'elevato valore evocativo, per il quale non mi spingerei ad azzardare delle specifiche “menzioni di merito”, in virtù di un costante e intenso flusso emozionale.
Mi limito, pertanto, a segnalare “Il giullare”, “In-faut-o Goblin”, “Rex introduxit puellam (L’incontro sublime)”, “Le tre (Streghe, Fate, Aliene)” e “An ancient history” come le dimostrazioni verosimilmente più complete ed evidenti di una forza espressiva sicuramente non comune, profondamente radicata e per nulla condiscendente verso facili mode o superficiali propensioni
new-age.
Artefici di un suono che probabilmente si rivolge anzitutto alle fasce di pubblico meno “giovanilistico”, e con piccoli margini di crescita in fatto di calibrazione e personalità, i Secret Tales si candidano fin da ora tra le formazioni di spicco del misterioso e affascinante panorama
dark-folk-prog.
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