Riverside - Love, Fear And The Time Machine

Copertina 8,5

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2015
Durata:60 min.
Etichetta:InsideOut Music

Tracklist

  1. LOST (WHY SHOULD I BE FRIGHTENED BY A HAT?)
  2. UNDER THE PILLOW
  3. #ADDICTED
  4. CATERPILLAR AND THE BARBED WIRE
  5. SATURATE ME
  6. AFLOAT
  7. DISCARD YOUR FEAR
  8. TOWARDS THE BLUE HORIZON
  9. TIME TRAVELLERS
  10. FOUND (THE UNEXPECTED FLAW OF SEARCHING)

Line up

  • Mariusz Duda: vocals, bass guitar, acoustic guitar
  • Piotr Grudziński: guitars
  • Piotr Kozieradzki: drums
  • Michał Łapaj: keyboards

Voto medio utenti

Ho visto i Riverside a Bologna il quindici luglio scorso e se prima li apprezzavo adesso posso dire con una mano sul cuore di essermene innamorata. In quell'occasione hanno presentato il nuovo album “Love, Fear and the Time Machine”, dando al pubblico l'occasione di saggiarne la qualità in anteprima: il risultato è stato un colpo di fulmine generale, l'evoluzione del quartetto polacco è stata approvata all'unanimità e a gran voce.

Spieghiamo subito cosa si intende per evoluzione: chi non conosce la band ascolterà “Love, Fear and the Time Machine”, lo apprezzerà moltissimo (perché un album così non può non piacere, è impossibile), posterà i suoi pezzi preferiti su Facebook e potrebbe addirittura comprarsi una copia fisica di questo gioiello, da esporre con orgoglio sulle mensole di casa per vantarsi con gli amici della ricercatezza dei propri gusti musicali. Gli aficionados della band invece dovranno ascoltarsi l'album almeno una decina di volte per accertarsi che sia farina del sacco dei Riverside. Fino all'ultima release la band trasudava angoscia e rabbia ma ora questi sentimenti sono svaniti. E dove sono i pezzi da quindici e passa minuti, santo cielo, dove? È tutto sparito. In “Love, Fear and the Time Machine” c'è un approccio molto più luminoso e positivo, pur mantenendo una solida base malinconica; i brani sono molto più concentrati ma comunque pregni di significato. La semplicità è la chiave di tutto. Le grandi verità non hanno bisogno di discorsi pomposi per essere rivelate, questo i Riverside l'hanno capito e cercano di farlo capire anche a noi. Quello che abbiamo tra le mani è un album che parla della vita, dell'amore e della paura che ci accompagnano nel corso della nostra esistenza. Racconta con una profondità disarmante il processo mentale che ci guida quando i grandi cambiamenti ci sconvolgono; canta di rivoluzioni belle e terribili. “Love, Fear and the Time Machine” è così semplice, diretto e accorato da riuscire a sfiorare anche le corde di chi non ha alcuna dimestichezza con la lingua inglese e non può cogliere i significati letterali. Pochi album finora mi hanno colpita così tanto nell'intimo, scavandomi una voragine nel petto con una gentilezza fuori da ogni umana concezione.

La tentazione di sviscerare l'album analizzandone ogni singola traccia è forte ma non lo farò: non voglio privare chi deciderà saggiamente di ascoltarlo della possibilità di farlo senza il condizionamento delle parole altrui, che ci rimangono in testa volenti o nolenti. Voglio solo spendere qualche parola sulla traccia di apertura e su quella di chiusura: “Lost (Why Should I Be Frightened By a Hat?)” è l'inizio di un'epifania, con quell'organo mistico che infonde un timore reverenziale bruscamente interrotto da un riff grezzo che sa di anni Settanta; “Found (The Unexpected Flaw of Searching)” è la perfetta chiusura del cerchio, un brano disteso e sereno, anch'esso dal sentore rétro.

“Love, Fear and the Time Machine” è una metafora della vita in musica, la compagnia ideale per lunghe e introspettive riflessioni. Non perdetevelo, sarebbe un peccato.
Recensione a cura di Alessandra Mazzarella

Ultime opinioni dei lettori

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 15 set 2015 alle 22:30

Il mio commento era stato scritto dopo un primo ascolto, ma effettivamente ora che l'ho ascoltato meglio devo dire che le tue impressioni sono effettivamente corrette, almeno per ciò che riguarda la seconda parte del disco, specie dalla traccia 8 alla 10. In altre tracce come Saturate me, under the pillow e lost mi pare ci siano proprio i loro classici elementi. Sicuramente Duda canta in modo diverso, più controllato, come se parlasse con calma, e questo sicuramente spiega quella differenza di mood che tu hai sottolineato. L'altra cosa (oltre al monopolio di Duda) che mi ha preoccupato un po' è il fatto che Lapaj è troppe volte sullo sfondo, quasi come non volesse disturbare gli arpeggi della chitarra, e questo sinceramente mi spiace, vista l'incredibile versatilità di questo tastierista.

Inserito il 14 set 2015 alle 17:12

Io ho percepito tantissimo la differenza, magari è una questione soggettiva, ma specialmente dal vivo sembrava quasi di ascoltare due band diverse (hanno suonato diversi estratti da questo album qualche mese fa all'Alchemica di Bologna, ndr). Mi riferisco a un mood diverso, quasi non saprei spiegarti. Sul monopolio di Duda sono un po' preoccupata anche io ma questa è una grande band, mi sento di dar loro fiducia.

Inserito il 14 set 2015 alle 00:25

Grande disco, come sempre, ma io non trovo tutta sta differenza dal passato, anzi! Da un punto di vista musicale (tralascio il discorso testi dove qualche cambiamento in più c'è stato) il disco mi sembra quasi posizionarsi tra Second life syndrome e Rapid eyes movement (senza il pezzo classico da 15 minuti, ok), con una ritrovata ispirazione per le linee vocali, decisamente superiori a quelle di SONGS. Unica perplessità il fatto che ora Duda è unico autore di tutti i brani, spero non sia un preambolo per un prossimo scioglimento del gruppo o per una chiusura progressiva su una sola visione musicale, sarebbe davvero un peccato per un gruppo così talentuoso.

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