A ben sei anni di distanza da "Babylon", tornano i W.A.S.P. di Blackie Lawless, una delle poche band per la quale mi sentirei di utilizzare l'abusato termine "un gruppo che non ha bisogno di presentazioni".

E sì che di cose da raccontare sulla band californiana ce ne sarebbero, e a bizzeffe. Alfieri dello shock-rock ai loro esordi, con album e performances pieni di carica oltraggiosa, sessuale e trasgressiva al massimo, la band di Blackie è da sempre stato uno di quei combo che non lasciano indifferente l'ascoltatore/spettatore; una serie di alti-bassi in una carriera davvero pazzesca, mille cambi di line-up, la svolta religiosa, due split.... potrei andare avanti per secoli.

Ma "Golgotha" vede la luce dopo una gestazione davvero lunga, e nel frattempo è successo un pò di tutto: Blackie ha trovato il tempo di rompersi la testa del femore, farsi operare e impiantare delle placche di titanio, per poi scoprire (solo dopo!) di esservi allergico! E via a cura con antidolorifici, dai quali è diventato dipendente, e per colpa dei quali ha dovuto intraprendere una terapia di disintossicamento... Insomma, il 'calvario' che ha portato i W.A.S.P. a "Golgotha" sembrerebbe l'immagine perfetta.

Eppure, il panciuto Steven Duren AKA mr. Lawless non l'ha sbagliata neanche stavolta.

Prima uscita per Napalm Records, "Golgotha" potrebbe tranquillamente essere il disco più bello dei W.A.S.P. da tre/quattro albums a questa parte. Finalmente una produzione degna, per nove pezzi carichi, coinvolgenti, scritti bene, cantati meglio e suonati con gusto. Senza fretta, senza quel bisogno quasi adolescenziale di dover dimostrare qualcosa, qui le canzoni semplicemente funzionano, lasciando l'ascoltatore con un senso di piena soddisfazione, almeno per noi amanti di quelle sonorità un filo vintage che la band di Blackie non ha (quasi) mai tradito o abbandonato.

Si parte alla grande: "Scream" è un anthem cazzuto e convincente, seguito a ruota dal pezzo forse più bello del lotto, "Last Runaway". La voce di Blackie non ha perso un grammo del suo fascino e delle sue sfumature sexy e calde, una sorta di Klaus Meine on steroids. "Shotgun" è potente e quadrata, e "Miss you" è un lentone rock da applausi, scritto originariamente per "Babylon" ma che è riuscito a vedere la luce solo adesso.

Un momento di stanca arriva forse nella parte centrale, soprattutto con una lunga e un filo prolissa "Slaves of the New World Order", ma è davvero un peccato veniale: ci attende la drammatica "Eyes of my Maker" (e la tematica ormai dovrebbe essere abbastanza chiara a tutti, no?), la cavalcata "Hero of the World", e qui si vola davvero nel passato, che brividi! Chiude tutto una title track davvero stupenda, manifesto non solo di cosa i W.A.S.P. siano oggi, ma dell'enorme peso artistico che una band del genere può rivestire nel panorama musicale attuale. Fonte di ispirazione di centinaia di bands, alfieri di un hard rock energico e coinvolgente, sono davvero contento di aver potuto constatare, e di aver potuto raccontarvi, il grande ritorno di una Band con la B maiuscola.