Fermi tutti, ho scoperto un genio.
The Dear Hunter nasce nel 2004 come side project di
Casey Crescenzo, musicista e cantante statunitense allora in forze nei
The Receiving End of Sirens, una band post-hardcore. L'impellenza di Casey era quella di riuscire ad esprimere tutta una serie di visioni musicali che non si inquadravano affatto nella sua band di appartenenza. Inoltre, stava nascendo nella sua testa una lunga storia su un personaggio, che diventerà proprio il monicker della band, appunto
The Dear Hunter.
Così, Casey pubblica un demo e comincia ad assemblare una band ed una storia, prevista sin dall'inizio in sei parti (oggi ci occupiamo dell'Act IV). Non contento, Casey ed i suoi compagni di band ad un certo punto concepiscono una serie di EP riguardo i colori dello spettro, poi pubblicati singolarmente e come unico CD. E ancora, due anni fa i The Dear Hunter abbandonano la struttura narrativa del loro protagonista per pubblicare "
Migrant", un album di singole canzoni completamente slegate dalla storia principale.
Ma la fan base sa benissimo cosa vuole, e Casey non fa passare molto tempo prima di dare alle stampe il qui presente "
Act IV: Rebirth in Reprise".
Fin qui la storia. Adesso parliamo della musica.
Questo disco è sorprendente. E la definizione di prog rock non vi illuda, perché il quarto capitolo del concept è un viaggio incredibile in un universo sonoro dove potrete sentire suonare di tutto. Dai Beatles in acido, ad arrangiamenti floydiani, con mille momenti solari e solo pochi oscuri e malinconici, la musica dei The Dear Hunter è una continua rincorsa per saltare sempre un pochino più in là. La band ha mezzi tecnici di tutto rispetto, e Casey riesce a scrivere canzoni di una bellezza, di una freschezza e di una profondità lirica da lasciarmi spiazzato.
Se amate queste sonorità, Act IV è il classico album da riascoltare trecento volte di fila, per quanta robe contiene. Dalla canzoncina simil-pop ma che sembra uscita dagli anni 60, al momento prog per eccellenza, dal brano in cui la band tira fuori muscoli e distorsori a nacchere e xilofoni, in una sorta di Sgt. Pepper moderno e ordinatamente disordinato.
Non citerò una song o l'altra, sarebbe un sacrilegio. Questo album va ascoltato di fila, è realmente un'unica storia (anzi, un capitolo di essa) e merita tutta l'attenzione e l'amore che riuscirete a dargli. Meraviglioso.
Il video di "Waves"
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