E quattro. A dispetto di qualche problema di formazione e dei "suggerimenti di diversi menagramo".
I Falconer sono immediatamente riconoscibili sul nuovo "Grime Vs Grandeur", certo li facilita il fatto che l'opener "Emotional Skies" e la successiva "Purgatory Time" siano tra i brani più vicini al passato del gruppo, ma a seguire è poi altrettanto facile notare come gli svedesi abbiano arricchito e variato il proprio songwriting. A mio avviso sono due i motivi principali: l'abbandono di tematiche a sfondo epico/storico e l'arrivo di un chitarrista di talento (e direi "priestiano") come Jimmy Hedlund. Inoltre non sottovaluterei nemmeno l'apporto esecutivo, ma anche compositivo, garantito da un Kristoffer Gobel (ad esempio "Jack the Knife" è tutta opera sua) ormai al suo secondo album con i Falconer, e quindi senza più l'apprensione di dover sostituire un bravissimo Mathias Blad.
Su "Grime Vs Grandeur" Kristoffer piazza una performance perfetta, per personalità ed interpretazione, direi favorito anche dall'impostazione più grintosa che si delinea in gran parte delle canzoni.
Nelle prime batture di "I Refuse" la sua voce è effettata, ma appena "si libera" Kristoffer piazza una prestazione che lo pone ai livelli del miglior Harry Conklin, (Jag Panzer, richiamati apertamente nel refrain). Si tratta di un mid-tempo massiccio, ben scandito dalla sezione ritmica, che incalza anche la seguente canzone, la stupenda "Humanity Overdose", che vede i Falconer dar maggior risalto al proprio aspetto corale, in un contesto a cavallo tra Helloween, Blind Guardian e... Falconer.
Un attacco in stile Judas Priest ed Accept è quello con cui ti assale (ehm...) "The Assailant", con Kristoffer che affila la propria voce nel brano più frontale dell'album. Anche il crescendo di "Power" non può che far pensare ai Judas Priest (vedi gli acuti di Kristoffer), tuttavia non regge il confronto con il brano che segue, la cavalcante "No Tears For Strangers", dalle diverse sfaccettature, tutte avvincenti. Nemmeno "The Return" e "Jack The Knife" si rivelano brani semplici ed arrendevoli, anzi sono cattivi il giusto, con un'ottima e versatile prova del cantante, ma anche dei due chitarristi, mai così efficaci sui precedenti lavori. Il feeling che trapela dalla conclusiva "Child Of The Wild", è tipicamente Falconer (con qualcosa dei Mithotyn), sia per l'atmosfera epica, corale, sia per quel sentito interludio dai toni folk, che contrastano l'irruenza delle chitarre e del duo basso/batteria.
Bravi Falconer, ancora una volta all'altezza!
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