La definizione che la casa discografica fornisce per descrivere la proposta degli inglesi
Shrines, qui al loro esordio omonimo, è quanto meno bizzarra:
"twin peaks metal"!
Eppure...
Eppure devo dire che una idea di quello che andrete ad ascoltare in questo debut, la definizione di cui sopra la da: siamo al cospetto di un progressive extreme metal che al buon David Lynch, a livello di atmosfere, deve molto, come se il gruppo avesse scritto l'album in modo "narrativo" e certo visionario nello stile del regista.
Del resto, sapere che degli
Shrines fanno parte
Samual Loynes (Voices/Akercocke) e
Matt Adnett (Obscene Entity), ci deve mettere sul chi va là, consci che la musica prodotta non potrà seguire traiettorie lineari.
In effetti
"Shrines" è un album contorto, ricco di sfumature ed in costante divenire, un album che riesce ad unire pulsioni blackened death metal con spunti d'avanguardia da ricercarsi nelle soluzioni vocali sbilenche e nel non fornire mai un punto di riferimento preciso all'ascoltatore che, al contrario, viene sballottato da una parte all'altra tra un riff thrash, un momento liquido, un tempo dispari, una atmosfera teatrale recitata ed una idea di fondo dal sapore quasi di improvvisazione.
Gli
Shrines dimostrano di avere notevoli doti compositive riuscendo ad amalgamare, molto bene, le loro idee in brani che, pur offrendo pochi punti di riferimento, restano sempre "ascoltabili" senza perdere mai di vista il concetto di canzone da un lato e quello di musica metal dall'altro, con il risultato che il loro debut risulta essere un disco estremo e, paradossalmente, aperto ad una platea vasta ma, lo avrete capito, di ampie vedute.
Ampie vedute che servono per farsi piacere un mix letale di death, black, modern metal, delicati arpeggi, aperture melodiche, vaghi sentori grind, parti recitate, Twin Peaks e tanto altro...
Insomma,
"Shrines" è qualcosa di intrigante che va per lo meno ascoltato.
Vi piacerà?
Non ne ho la minima idea.
Provateci.
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