Il
crowdfunding colpisce ancora. E lo fa nel migliore dei modi, lasciando la fervente passione di un nugolo di fan dei
Perfect Beings libera di esprimersi attraverso la bravura dei propri idoli
made in L.A., California. E che colpo ragazzi.
Perfect Beings II è qualcosa di sincero, che che vibra nell'anima per contenuti e forma. Un'esperienza compositiva ragionata, necessariamente attenta e meticolosa eppure mai di fretta, che risalta con onore tra le mille insidie del progressive rock settantiano, restaurato per l'occasione in chiave contemporanea. Le chitarre, nelle ottime mani di
Luley, aggrediscono lo spartito quando serve per poi defilarsi a bilanciare il tutto su toni bassi, giocando su timbriche chiuse, come nei frammenti jazz della delicata
"The Yard".
Ryan Hurtgen modella un voce da top player, espressiva, delicata, accordata a dovere nelle frequenti armonizzazioni intimiste presenti in questo lavoro, come insegnano
"Rivermaker" e
"Cryogenia", vicine alle clean di
Tommy Giles Rogers del fantastico
The Parallax II: Future Sequence (Between the Buried and Me).
Impossibile e controproducente un'analisi track-by-track, tra l'altro sfiorata appena. La caratteristiche dello
Yes-Floyd proposto dai
Perfect Beings sono rispettate in pieno: si trova quel che ci si aspetta e questo è un bene, soprattutto se complessità e profondità oltrepassano le barriere dell'ovvio. Per gli amanti delle valutazioni lampo, si consiglia
"The Love Inside" (per la rappresentatività dell'opera) ma sarà l'opener
"Mar del Fuego" a rimanervi nel cuore, se solo avrete modo di scorgerne l'intelligenza dei riferimenti, sottili e quasi impercettibili (geniali), ad un Flamenco d'annata.
So let's play it again 'n again 'n again. Bravi.
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