Cosa succede quando tre musicisti ENORMI come questi si chiudono in una stanza a suonare insieme? Succede che due anni fa tirarono fuori il disco omonimo, che arrivò sul mercato sorprendendo tutti con uno stile unico e un tour clamoroso. Passato qualche mese, ecco che le porte della stanza si riaprono, regalandoci un album che spiazza, lascia a bocca aperta, esalta, annoia, commuove, delude e strappa applausi. Insomma, i
Winery Dogs tirano fuori qualcosa che nel 2015 è difficile sentire. Lo dico piano, occhio. Siete pronti? Sicuri?
Kotzen, Portnoy e
Sheehan tirano fuori quello che a casa mia si chiama un disco di rock and roll. Suonato, dalla prima all’ultima nota. Sudato, grezzo, qualche volta scontato e quasi banale, ma ben più spesso sorprendente e seducente.
Inizio furibondo con “
Oblivion”, una sorta di summa di quello che potresti aspettarti dai
Mr.Big e invece ti ritrovi qui, quando nel disco precedente avresti tanto voluto sentire anche qualcosa del genere. Più canoniche “
Captain Love” e la title-track, mentre “
How Long” racchiude melodie da Oscar per la colonna sonora ed “
Empire” un solo di chitarra da 92 minuti di applausi (cit.).
Già fin qui ci sarebbe da dire, perché nel giro di cinque canzoni si passa attraverso generi, suoni e colori diversi con una facilità, uno stile e una maestria che definire disarmanti è dire poco.
E allora via con “
Fire”, ballad acustica che sembra venire da un altro disco, seguita da una tripletta di brani in cui una struttura massiccia e potente viene mitigata dalla delicatezza tipica dei brani solisti di
Kotzen.
Secondo me da dimenticare “
Spiral”, mentre gli echi
Mr.Big ricompaiono prepotenti in “
Devil You Know”, prima che “
Think It Over” arrivi a ricordarci che quando
Kotzen decide di muoversi in territori vocali blueseggianti non ce n’è più per nessuno: gioco, partita e incontro, siamo semplicemente su un altro pianeta. Questa è la hit che farà le veci di “
I’m No Angel” in questo nuovo disco.
Chiusura affidata a “
The Lamb”, la summa di quanto c’è in questo "
Hot Streak": tutto. Melodia, ovviamente, ma anche spinta, aggressività, virtuosismo, sperimentazione.
È davvero difficile descrivere un disco di questi ominidi dalle folte chiome ormai velate di grigio. Tutti hanno un background differente, che nei
Winery Dogs viene fuori in maniera chiara. È come se tre fiumi confluissero nello stesso punto…si crea un gran mulinello, confusione apparente, ma poi l’acqua continua a scorrere fluida per la propria strada. Non so se mi sono spiegato con questa metafora per la quale probabilmente verrò candidato al prossimo Pulitzer, però è il massimo che posso concedervi in questo momento, perché davvero nonostante i ripetuti ascolti sono sinceramente spiazzato.
Lunga vita ai tre cani, che dopo 30 anni di carriera ancora sono capaci di sorprendere. Per quanto mi riguarda, nonostante qualche dubbio, ampiamente e nuovamente promossi a pieni voti.