Siamo oltre al technical death.
In dieci anni di pubblicazioni discografiche, i
Gorod hanno saputo evolvere il loro songwriting in modo intelligente ed hanno impedito alla fredda tecnica di castrare la loro abilità nello scrivere canzoni. Se i primi dischi dei francesi mostravano un death metal ad alto tasso tecnico, spettacolare, potente, ruvido, tagliente ma con sempre quegli hooks capaci di catturarti con una melodia azzeccata, con un passaggio da ricordare, ora il gioco si è fatto più serio.
I
Gorod del 2015 propongono musica per aperti di mente, musica e basta. Estrema nella complessità e nell'abilità esecutiva più che nei suoni o nell'impatto.
Traquilli, fortunatamente su
"A Maze of Recycled Creeds" non ci sono voocoder aberranti o echi di nulla in cui i Cynic son diventati maestri, tutte le composizioni per quanto estremamente complicate, per quanto difficilissime da memorizzare, sono veramente piacevoli e "vere". Parlare di musica "vera" e "sentita" quando c'è così tanta tecnica in mezzo è sinceramente strano ma... la sensazione è proprio questa. Nulla è artefatto o esagerato ma tutto trova un senso, tutto è emozionante.
Sul disco è stato anche arginato il problema della voce iperprodotta "alla Behemoth" riscontrabile in alcuni album precedenti, anzi, in canzoni come
"An Oreder To Reclaim" c'è un dualismo vocale con un timbro più pulito e la traccia sembra molto più leggera delle altre. Addirittura in "
From Passion To Holiness" c'è centro di tutto, voce pulita e bassa, parlata, chitarre funky, arpeggi... Oltre a quella strumentale è presente dunque una buona varietà vocale, ma è meglio che non mi metta a parlare dei singoli brani altrimenti servirebbero una ventina di righe per ogni traccia e non avreste ugualmente un'idea. Tutto è libero di fluire e mentre la testa vaga cercando di decifrare il movimento di mani e piedi dei musicisti, nessuna sensazione di "carica" di "voglia di spaccare" traspare. La musica viene completamente destrutturata ed il tempo puoi contarlo solo sul tuo orologio, nei
Gorod è un concetto superfluo. Roba che ti liquefà il cervello.
Un plauso va sicuramente ad una batteria strepitosa che riesce a unire, a cucire insieme tutti i mille stili e passaggi chitarristici con una precisione inumana. Sembra che i pezzi siano arrangiati e trovino senso grazie alla batteria, sarebbero altrimenti manciate, palate di note nell'aria. Così, invece, tutto ha un senso.
Un album non immediato, non facile, che può deludere chi si aspetta cattiveria o impatto. Le canzoni dirette e con i muscoli non sono certamente quelle su cui punta la band, sebbene qua e la qualche passaggio cattivo ci sia. Non un disco per tutti, non un ascolto alla leggera ma se si è un pochino aperti, risulta estremamente piacevole. Che detto da me fa un po' ridere, ma tant'è... Pronti per aprire la mente ai
Gorod?
Video di Temple Of The Art God, una delle canzoni più dure e dirette
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