Quarto full-length del polistrumentista
Vladimir, dove le tematiche non si scostano, ma rimangono ben radicate nel terreno. Mitologia e poesia slava, disperazione e povertà umana nei primi anni del ‘900, durante il genocidio e collettivizzazione agricola introdotta dal regime bolscevico ai danni dei contadini Ucraini e Russi. Il tutto nascosto e celato sotto una coltre di fitta nebbia per diversi anni. Nell’artwork dell’album possiamo vedere case-catapecchia di legno dove si aggirano poveri contadini come fantasmi. E impresso nel cd stesso un gruppo di persone fotografate, quei visi... senza sorriso, ma solo disperazione negli occhi. Un motivo per farci riflettere.
Proprio da questo argomento
Vladimir parla, a nome loro, anime cadute nell’oblio e dimenticate per sempre. Perché questa tragedia non vada mai perduta, ma ricordata negli anni a venire.
In apertura disco troviamo un breve brano che fa immergere subito, con una sonorità particolare e ricercata, a inizio ‘900. Le successive quattro canzoni si aggirano sui nove minuti ciascuna, sono in grado di evocare forte sensazioni, le più oscure, negli anni bui, pianti sommessi e tormentati, pioggia gelata, freddo, desolazione, fame. Il timbro dello scream è piuttosto acuto, per dare il senso di depressione, e frustrazione.
Proseguendo nell’album troviamo melodie intrecciate con la malinconia che pervade in tutte le note. È sorprendente che il tutto è creato unicamente da una singola persona, tutti gli strumenti sono ben suonati.
È una miscela di ambient, pagan, post-black metal. Un lavoro veramente elaborato e una composizione sontuosa. Nulla è messo al caso, il nostro musicista è un talento in ogni dove, melodie e ritmiche si sposano alla perfezione.
Anche questo disco va ascoltato attentamente per coglierne le varie sfumature, certamente non mentre si guida o fanno le pulizie. Quindi spegni la luce, e siediti tranquillamente e fai volare la mente in quei luoghi dimenticati.
A cura di Simone Pezzini
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