Copertina 8,5

Info

Genere:Avantgarde
Anno di uscita:2018
Durata:56 min.
Etichetta:Season of Mist

Tracklist

  1. HAJNALI CSILLAG
  2. SZAMOJÉD FRESKÓ
  3. TÖLTÉS
  4. GŐTE
  5. SÁREMBE
  6. HAJÓ
  7. LÁGYRÉSZ
  8. SÍK
  9. BALRA A NAP
  10. TENGER, TENGER
  11. ÉNEK A BÚZAMEZŐKRŐL

Line up

  • Tamás Kátai: vocals, guitar, bass, keyboards, percussion, programming
  • Martina Veronika Horváth: vocals (guest)
  • Gyula Vasvári: vocals (guest)
  • Misha Doumnov: violin (guest)
  • Balázs Hermann: fretless bass (guest)
  • David Jean-Baptiste: saxophone (guest)
  • Colin Hume: trumpet (guest)
  • Viktória Varga: narration

Voto medio utenti

Sinceramente, ormai sono a corto di aggettivi per circoscrivere l'ammirazione che provo per il talento di Tamás Kátai: l'artista ungherese, ad ogni sua uscita, riesce a sorprendermi e riesce, sempre, a confermarsi un compositore eccezionale indipendentemente dal tipo di musica che decide di offrirci.
Come da tradizione in casa Thy Catafalque il nuovo album, edito sempre dalla lungimirante Season of Mist, segna una evoluzione rispetto al passato, passato al quale "Geometria" certamente guarda, ma dal quale, in qualche modo, prende le distanze avventurandosi in terreni sonori che prima di oggi erano solo stati accennati.
Non è un caso, infatti, che con il nuovo lavoro, l'ottavo di una carriera pressoché perfetta, Tamás Kátai abbia parecchio spinto il piede sul piano delle soluzioni elettroniche andando a definire, sempre con talento innato, una atmosfera "spaziale", mi verrebbe da dire quasi impalpabile, che si sposa perfettamente con la componente folkloristica e con quella prettamente metal da sempre anime del progetto Thy Catafalque che, in questa occasione più che mai, assume, quindi, derive avantguardistiche capaci di renderlo ancora più originale e "diverso" di quanto già non lo fosse stato con le realizzazioni precedenti.
"Geometria", che come al solito si avvale di preziose collaborazioni sia strumentali che vocali (in particolare Martina Veronika Horváth dietro al microfono è deliziosa) , è un album affascinante, a tratti irresistibile nei sui ritmi "ballabili" ("Gote"), a volte durissimo nel suo riffing alla Fear Factory ("Szamojéd freskó"), qui e là sorprendente per le derive alla Vangelis o per gli accenni funeral doom ("Ének a búzamezokrol"), sempre, comunque, sospeso in una dimensione quasi cinematografica esaltata da una serie di brani che sembrano più intermezzi che vere e proprie canzoni anche se, e qui c'è la straordinaria capacità dell'artista ungherese, tutto questo anziché essere un difetto diventa un pregio, diventa un segno distintivo ed una tangibile prova di una qualità davvero rara da trovare nell'odierno panorama musicale.
Insomma, riuscire ad unire tante anime tanto diverse, far convivere violini, sax, voci femminili, kraut rock, elettronica, accenni jazz, metal estremo, folk magiaro e chissà cos'altro all'interno di un unico album senza che niente sembri fuori posto, non è ne una impresa semplice ne una impresa alla portata di tutti.
A noi che siamo gli spettatori di questa impresa (scusate se ripeto di nuovo la parola) non resta che fare una sola, semplice, cosa: applaudire.
Recensione a cura di Beppe 'dopecity' Caldarone

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