“Burial Shrouds” è il quinto album ufficiale della band russa
Sivyj Yar e tratta della miseria, della fatica e delle difficoltà della vita che i contadini russi, del periodo storico precedente l’epoca moderna, dovevano affrontare per superare le carestie e i freddi e ghiacciati inverni siberiani. La grafica della cover del disco illustra fedelmente questo concetto che i
Sivyj Yar, o meglio
Vladimir, visto che si tratta di una one man band, esprimono musicalmente nel disco in questione.
I
Sivyj Yar dicono di suonare pagan black metal e questo è vero fino ad un certo punto, in quanto nella loro musica si ravvisano partiture post black e atmosfere che spaziano dal depressive all’ambient black. Tutto ciò traspare anche dalla tipologia di voce utilizzata da
Vladimir nella maggior parte dell’album, che è la tipica voce black urlata con toni alti che esprime nello stesso tempo strazio e lamento.
La musica contenuta nel disco alterna parti veloci e aggressive alternate a momenti molto più lenti, cadenzati e melodici, anche se le parti a velocità sostenuta sono presenti maggiormente.
Vladimir dimostra un’abilità tecnica non indifferente e se la cava bene su tutti gli strumenti, mostrando eccellenza nel suonare il basso che descrive linee ritmiche davvero intriganti.
Il primo pezzo “
Famine” con i suoi suoni spettrali e i funerei rintocchi di campana esprime bene il concetto della carestia insito nel titolo e fa da introduzione alla title track “
Burial Shrouds”, un pezzo dove parti veloci tipicamente black si uniscono e suoni avantgarde/progressive/post black che rendono il brano assolutamente irresistibile. Le linee di basso ipnotiche mi hanno letteralmente rapito e il refrain del brano mi ritorna continuamente in testa e sarà dura liberarmene.
Anche se può essere catalogata come una tipica traccia depressive, “
The Earth Breathes Sorrow” contiene al suo interno una parte strumentale, nello stesso tempo melodica e ritmica, che ben si amalgama con il resto del brano conferendo allo stesso una certa maestosità.
“
Like a Sparkle We Will Vanish Into the Darkness” è un brano più cadenzato e meno complesso dei precedenti, in esso non sono presenti parti veloci e la voce di
Vladimir esaspera quel senso di desolazione e rassegnazione tracciato dagli strumenti musicali.
Soltanto una flebile voce maschile appena filtrata che si ode in sottofondo in una parte del brano, rende “
In Gray Izbas Ancient Rus' Endures” un pezzo non soltanto strumentale. La traccia è sostanzialmente un lungo arpeggio di chitarra accompagnato da una soffusa melodia generata da un sintetizzatore.
L’ultimo pezzo “
The Snow Shall Fall a Long While” è il più lungo con i suoi 12 minuti e 38 secondi ed è un brano prevalentemente ambient black contenente un lungo finale che, con una sequenza di suoni sintetizzati che si ripetono lievi su una melodia fantastica e una voce sussurrata femminile in sottofondo, esprime in maniera magistrale l’atmosfera gelida di un inverno siberiano, costituendo così un degno finale a questo bellissimo lavoro musicale.
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