Quando nella bio dei francesi Gojira (nome giapponese di Godzilla, già moniker originario della band), qui al secondo disco, ho letto che per i giornalisti sarebbe stata una sfida trovare le parole per descriverli, ho pensato alle solite sboronate sparate a casaccio dalle labels. La realtà però è che la bio aveva perfettamente ragione.
È in effetti molto difficile trovare il bandolo della matassa in questo disco. La base è sicuramente attestata su patterns affini al thrash metal, ma non li definiresti mai così. I Gojira fanno musica che alterna due componenti fondamentali, una componente estremamente percussiva, groovy e frenetica, ed un’altra molto placida, straniante, ipnotica.
La costante però è la voglia della band di spiazzare, di rendersi avulsa da qualsivoglia clichè, ed ecco così l’intermezzo, completamente suonato da uno xilofono, di “Connected”, oppure i cori di monaci tibetani in “Embrace The World”. Talvolta la musica ha una lentezza che sfiora il doom, come in “Inward Movement”, con il singer che offre una prova vocale sofferta e abrasiva.
Quando la band decide di accelerare, per svegliarsi dal torpore, risulta devastante, anche grazie ad un flavour postcore che rimanda a certe cose dei Today Is The Day di “In The Eyes Of God”.
È difficile dare un giudizio su questo disco, il quale pur tuttavia non manca di una certa omogeneità di fondo. È un disco che va ascoltato più e più volte per comprenderlo, ma di sicuro è un disco che stimola l’ascoltatore e lo cattura. Una band fuori dal comune, con un sound cerebrale e straniante.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?