Un tempo neanche troppo lontano, gruppi come i
Grave sarebbero state velenosamente appellati come “dinosauri”, ma con un mercato discografico sempre più privo di punti di riferimento e che sembra vivere alla giornata, le band storiche riescono ancora a ritagliarsi uno spazio importante e a trasmettere con rinnovato vigore il proprio messaggio musicale D’altronde undici album in studio e quasi trenta anni di carriera sono un curricolo che poche band al mondo possono sfoggiare no?
“Out for respect for the dead”, come appena detto sopra, è l’undicesimo lavoro sulla distanza della band di
Ola Lindgren e segue di tre anni il non brillantissimo “Endless procession of souls” (N.d.r: che poi a parer mio seguiva l’altrettanto non brillantissimo “Burial ground”) e, come è lecito aspettarsi, si muove all’interno delle coordinate del Grave-sound alternando velocità smodata a rallentamenti composti da note lunghissime e taglienti.
Il risultato complessivo è piuttosto buono, soprattutto perché evita pericolosissime e ridondanti autocitazioni, e va decisamente oltre ad una stiracchiata sufficienza.
“Out of respect for the dead” contiene anche degli episodi che emergono quali l’opener “
Mass grave mass”, l’ottima
“Plain pine box” o la lunga suite conclusiva (questa sì che è una novità assoluta) di quasi dieci minuti,
“Grotesque glory”, in cui la band sperimenta con successo l’utilizzo di riff doomeggianti all’interno del proprio songwriting.
Peccato che questo lavoro non abbia beneficiato di una produzione più “esplosiva” come, ad esempio quella del formidabile “As rapture comes”, e che si sia scelto di seguire la linea più low-fi delle ultime uscite, scelta questa, a mio personalissimo avviso, troppo penalizzante per il sound e la proposta dei
Grave.
In ogni caso siamo ancora ben lontani dallo scrivere la parola fine.
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