Ben 6 anni sono passati da quando la
Trans-Siberian Orchestra ci ha donato un album in studio (ovviamente al netto di ristampe, best of, raccoltoni e chi più ne ha più ne metta); era il 2009 e quel disco era "
Night Castle". Paul O'Neill e soci, con il natale alle porte, hanno quindi pensato fosse ora di tirar fuori un nuovo coniglio festivo dal cappello, ed eccoci qui a recensire ed ascoltare "
Letters from the Labyrinth".
Ora, mettiamo subito in chiaro una cosa: io NON sono tra quelli, a mio avviso con il prosciutto sulle orecchie, che idolatrano qualsiasi cosa abbia a che fare in qualche modo con i Savatage; perché orsù, parliamoci chiaro, per moltissimi la TSO era solo un'incarnazione più o meno riuscita dell'immortale band dei fratelli Oliva, e questo non solo per il coinvolgimento di Jon, ma anche per la partecipazione ai vari albums (e concerti, non dimentichiamolo, la TSO è innanzitutto una formidabile macchina da live shows) di quasi chiunque sia passato pure per caso dai Savatage. E invece l'orchestra nasce con intenti diversi, fa musica diversissima, molto spesso fondendo elementi della musica classica con il metal moderno, e non basta la partecipazione di Jon Oliva o chi per lui per rendere automaticamente un prodotto degno di acquisto. Non per me, almeno.
Fatta la doverosa premessa, "
Letters from the Labyrinth" è un onesto e godibilissimo album in pure stile TSO, con molti brani strumentali (la cui maggioranza è una rielaborazione di famosi pezzi classici, da Beethoven a Mussorgsky a Rimsky-Korsakov) ed alcuni cantati, soprattutto nella seconda parte, con un roster da far invidia a chiunque. Appena discretuccie le prove più muscolose, come ad esempio una "
Not Dead Yet" con un irriconoscibile Russell Allen dietro al microfono, o "
Stay" che saccheggia senza vergogna l'arpeggio iniziale di "Sanitarium" dei Metallica; interessante la versione "moon" della song "
Forget about the Blame" cantata dalla bravissima Lzzy Hale; ma ho trovato molto più ispirati i pezzi strumentali, con riarrangiamenti intelligenti e bilanciati tra l'originale capolavoro classico e la resa moderna. Quasi tutti i brani, peraltro, sono già in rotazione nella setlist live dell'orchestra, come può testimoniare il video in calce, risalente a quasi un anno fa.
Il classico album natalizio, insomma? Sì. Ma onestamente, "Letters from the Labyrith" è un album carino, che si ascolta con piacere, soprattutto per chi come il sottoscritto ama la musica classica, oltre al metallo. Per tutti i nostalgici dei Savatage, invece, un consiglio: fatevene una ragione. La gente nasce, la gente muore. Move on.