Che gli
Avatarium somiglino ad una sorta di Candlemass con voce femminile, non è un mistero. D’altronde la band si è costituita intorno a
Leif Edling, bassista della storica formazione svedese, e a
Marcus Jidell (Evergrey). Inevitabile che il doom proposto risenta di tali influenze.
Agli
Avatarium riconosciamo una verve settantiana più pronunciata, l’uso di tastiere scenografiche e la capacità di costruire atmosfere avvolgenti e tenebrose.
“The january sea” è un percorso da brividi che esalta le doti vocali di
Jennie-Ann Smith, mentre l’altrettanto estesa
“Pearls and coffins” pare tratta da un album dei Black Sabbath primi ’70. Altro pezzo notevole è
“Hypnotized”, dai contorni psichedelici ed impreziosito dal lungo assolo di chitarra.
Alcuni brani di stile scandi-doom ci guidano alla lenta e iperborea
“The master thief”, che chiude un album solido e con qualche spunto brillante.
Visto l’appiattimento generale del settore, questo gruppo è decisamente oltre la media.
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