A voler essere sinceri, non ho mai nutrito una particolare passione per la band capeggiata da Olaf Lenk, un gran chitarrista, affiancato per un certo periodo anche da un gran cantante come Oliver Hartmann, ma mai in grado di comporre un disco che lasciasse il segno. Ci era arrivato vicino nel 2002 con "Only Human", un lavoro davvero valido, che tuttavia era stato seguito, a un anno di distanza, da "The evil in you", decisamente inferiore e più in linea con quanto da lui proposto in passato. Oggi, a due anni di distanza da quel lavoro, passato attraverso alcuni cambi di formazione (tra cui quello più importante riguarda senz'altro la batteria, dietro la quale troviamo Mark Cross, ex Metalium, con una breve e sfortunata presenza negli Helloween alle spalle) Olaf è pronto a dare alle stampe il sesto album della sua band in appena sette anni di carriera: davvero un risultato notevole! Alla voce c'è sempre Mats Léven, un passato con Yngwie Malmsteen, che aveva sostiuito Hartmann già nel precedente album, dopo che il celebre singer si era dimostrato propenso a cercare altre strade musicali. L'attacco indiavolato di "Rise from the fall" ci introduce nel cuore dell'album in pieno stile At Vance: il brano è potente e diretto e svolge appieno la sua funzione, pur senza essere un must. Come già accaduto in precedenza negli ultimi lavori della band, alle classiche power songs da manuale si alternano episodi maggiormente hard rock oriented, come la successiva "Heaven", o "Two hearts", dai ritmi più rilassati e dai ritornelli di facile presa melodica. La title track è invece un macinio vero e proprio, un mid tempo incalzante ed oscuro che risulta essere decisamente uno dei pezzi migliori di questo album. Il resto è un sussegguirsi del solito copione, con metal songs come "Run/live" o la scatenata "Tell me", e rapide incursioni nel mondo della musica classica, come nel breve intermezzo "Invention #13" e in "Vivaldi Winter", che cita platealmente il lavoro del compositore italiano. Che dire, col passare del tempo gli At Vance si dimostrano sempre più coerenti stilisticamente, e decisamente in grado di comporre materiale di valore. Purtroppo, il tanto atteso capolavoro non arriva neanche questa volta, ma "Chained" è comunque un buon disco, che farà la felicità di tutti i fans del gruppo tedesco e di ogni defender che si rispetti. E chissà mai che il prossimo non sia davvero un masterpiece...
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?