Il mondo della musica è pieno di gruppi con poche idee, spesso confuse e che, non sapendo bene dove sbattere la testa, copiano di sana pianta lo stile di gruppi più famosi, costruendoci su una carrierucola più o meno importante. Ci sono, di contro, dei gruppi che di uniformarsi non ne hanno proprio intenzione.
I
Matleys, italianissimi di Trento, sono una di queste band. Sonorità brit-pop-rock anni ’70-’80 con una spruzzata di stoner, produzione scarsa (non in quanto a valore ma a livello di “interventi” sul suono), voce monocorde e sbattuta (termine tecnicissimo che indica il cantare un po’ scazzato [aridaje], quasi in pantofole) ma contemporaneamente un’originalità che si stacca decisa dal pantano dei giorni d’oggi.
Il problema dei Matleys è che forse questo genere di musica risulta un po’ indigesto alla maggior parte dei fruitori odierni, sicuramente a gran parte degli utenti di un sito che si occupa prevalentemente di metal, come il nostro. E’ rock, è vero, ma con quel sentore agée che “puzza” un po’ di stantio. Riconosco senza dubbio il valore della band, ma già dopo il primo ascolto brani quali “
Ain’t no Place for John” o “
Patrice Pepper”, pur nella loro orecchiabilità, finiscono nel dimenticatoio.
“
Desirevolution” è quindi un album coraggioso, perché con esso i
Matleys si buttano a capofitto in un mondo che non gli appartiene, suonando clamorosamente anacronistici, nel bene e nel male. Se amate il tipo di sonorità di cui sopra, è l’album per voi. Altrimenti passate pure oltre, assolutamente non per demeriti dei trentini quanto per mera incompatibilità socio-musicale.
Quoth the Raven, Nevermore..
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