Cominciamo dicendo che il disco in questione è la ristampa di una raccolta uscita nel 2001 a nome
“Remasters: The Official Anthology”: i brani non sono quelli originali ma quelli reincisi dalla formazione più longeva della storia degli
Uriah Heep attiva dal 1986 al 2007 formata dal “veterano”
Mick Box e dai compagni d’avventura
Lee Kerslake alla batteria,
Phil Lanzon alle tastiere,
Bernie Shaw alla voce e
Trevor Bolder al basso. Sempre per non tralasciare i dettagli imprescindibili, si tratta della prima uscita marchiata
Uriah Heep Records. Bene. E quindi? Qualche preconcetto c’era, è vero, e ammetto di essere come tanti (per non dire tutti) un fan del primo periodo del gruppo (grazie Papà, ndr), quello con
Ken Hensley alle tastiere e
David Byron alla voce, ma questo disco è un onestissimo tributo alla carriera della formazione inglese che, purtroppo, ha sempre vissuto all’ombra dei tre "mostri sacri" connazionali Deep Purple, Led Zeppelin e Black Sabbath e non un’operazione di marketing fine a se stessa (ed ecco spiegata la volontà di ripubblicarlo quasi 15 anni dopo). I musicisti si esprimono al meglio e i vari “membri aggiunti” non tentano di scimmiottare gli ingombranti predecessori ma danno nuova vita a brani altrimenti intoccabili come
“Return To Fantasy”,
“Bird Of Prey”,
“Easy Livin’”,
“Lady In Black” o
“July Morning” (giusto per citare i miei preferiti, alla faccia dell’oggettività del recensore), dove l’irruenza dell’hard rock si fonde con arrangiamenti più propriamente progressivi, definendo un sound che è il vero marchio di fabbrica della band. Menzione speciale per
Bernie Shaw, a suo agio su brani vecchi e nuovi senza risultare forzato. Anche la produzione è, scusate se mi ripeto, onesta e lascia spazio a tutti durante i quasi 124 minuti del corposo doppio cd. Ammetto di essermi un po’ preoccupato all’inizio di
“Gypsy” con le chitarre di
Box così “davanti”, ma era un falso allarme dato che in questa raccolta anche dietro al mixer c’è un lavoro ben fatto: tutto suona “aggiornato” (“moderno” mi sembra eccessivo, i suoni dell’hard rock non lasciano spazio a troppa inventiva) senza risultare troppo finto o artefatto. Per chi non conosce gli
Uriah Heep e vuole approfondire mi sento di consigliare i dischi dei primi Anni Settanta (
“Salisbury” e
“Demons & Wizards” su tutti), per chi invece vuole riavvicinarsi a dei brani storici senza troppi pregiudizi
“Totally Driven” merita sicuramente un ascolto.
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