Sei anni dopo il loro esordio discografico, una eternità nell'odierno music biz, gli americani
Agrath tornano in pista con tutto il loro odio e la loro oscurità grazie al nuovo lavoro che, invero con poca originalità, il trio intitola
"Thy Kingdom Come" e la piccolissima Funeral Industries si occupa di licenziare.
Per quanto scritto qui sopra è piuttosto facile capire a cosa siamo di fronte: us black metal, marcio, minimale, sgraziato e "povero" di luce.
Gli
Agrath si rifanno a gruppi come Blasphemy o Master's Hammer, senza dimenticare gli insegnamenti dei primi Darkthrone, producendo, quindi, una musica dal gusto primordiale nella quale diventano protagonisti tempi quasi sempre veloci, seppure ci siano i classici mid-tempos spezza collo, i riverberi di chitarra e basso che danno quel tocco "punk" che non gusta, lo scream selvaggio del buon Lord Thammuz, e, soprattutto, tanta, ma tanta, violenza ed assoluta mancanza di compromessi.
Il Black dei Nostri, infatti, non concede nulla all'altare della commercialità e si occupa, esclusivamente, di risultare tagliente, sprezzante e carico di rigetto verso il mondo circostante.
Il risultato?
Niente di innovativo o di memorabile.
Tuttavia l'attitudine è, evidentemente, quella giusta ed alcune intuizioni in fase di riffing, ma anche in chiave melodica (ad esempio l'attacco di
"Legion of Darkness"), sono di buona fattura e fanno si che questo disco si possa ascoltare con piacere se non ci si aspetta chissà quale capolavoro.
Direi che posso chiudere qui: gli amanti dell'underground estremo saranno sul "tubo" in cerca di questi pazzi americani.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?