Può esistere Abbath senza gli Immortal?
Possono esistere gli Immortal senza Abbath?
Con queste domande che mi ronzavano nel cervello ho ascoltato, ripetutamente, l'esordio omonimo del signor
Olve "Abbath" Eikemo che solo tutti quelli che negli ultimi vent'anni hanno vissuto su Marte, o si sono arruolati nell'Isis, possono non sapere chi sia.
Messe da parte le beghe legali per il possesso dello storico monicker Immortal, vicenda sulla quale potete trovare una ricca bibliografia sul web, il nostro frontman guascone, dopo aver reclutato
King (ex Gorgoroth) al basso e
Kevin Foley (Benighted) alla batteria (completando un terzetto "all star" a tutti gli effetti), ha tirato fuori un album che è esattamente quello che tutti i suoi fan si aspettavano: un mix di Bathory, epicità, black metal ed un pizzico di Motorhead il tutto "congelato" nei ghiacci eterni del nord e sferzato da quei gelidi venti ai quali
Abbath, o gli Immortal se preferite, ha dedicato tutta la sua carriera musicale.
Un album, dunque, "ruffiano".
Un album che non osa e non si avventura in territori nuovi o sconosciuti.
Un album assolutamente "perfetto".
Il ghigno di
Olve è sempre lo stesso: inconfondibile e malvagio. Come il suo riffing del resto.
I musicisti suonano come macchine (
"Creature" Foley alla batteria è impressionante).
La produzione devastante nel suo ergere un muro sonoro pesante come un iceberg.
Artwork ed immagini promozionali sono uno spasso...
E poi ci sono i
brani.Basta l'attacco di
"Ashes of the Damned" per fare scendere la temperatura di qualche grado tutt'intorno e rievocare lo spettro del blashyrkh, sono sufficienti pochi accordi a
"Root of the Mountains" per farti indossare spade ed elmo ed uscire, al gelo, a combattere in canottiera nera... poi, quando esplode la conclusiva
"Eternal" (un titolo, credo, non scelto a caso...), vedrete davanti ai vostri occhi un manto nevoso e due tizi fieri che vi guardano biechi...
...e potrei andare avanti con immagini, metafore e rimandi al passato ancora a lungo.
Insomma
"Abbath", rilasciato dalla
Season of Mist, è il primo lavoro di un musicista istrionico ed assolutamente dotato di talento e sarebbe potuto tranquillamente essere il successore di "All Shall Fall", ad oggi ultimo lavoro di voi sapete chi.
Non sarà ricordato come un capolavoro e non può toccare i sublimi vertici di gelida poesia di "Pure Holocaust" o "At the Heart of Winter", ma è, e resta, un prodotto coi fiocchi... di neve ovviamente!
Abbath senza gli Immortal, dunque, esiste e gode di ottima salute.
Potremo dire lo stesso per i suoi ex compagni?
Ce lo diranno i venti...