Dopo aver preso in esame
"Nattestid ser porten vid" (1999) e
"Over Bjoergvin graater himmerik" (2002) nelle precedenti recensioni, passiamo oggi all'ultimo capitolo della trilogia dei
Taake:
"Hordalands doedskvad" ("Canto funebre dell'Hordaland"), rilasciato nel 2005 sotto l'egida della
Dark Essence Records.
Qui vediamo sempre
Hoest a chitarra e voce; mentre al posto di
Keridwen (R.I.P. 2015),
Radek Nemec - meglio conosciuto anche come
Lava negli
Aeternus -, al basso e alla chitarra nella 1° e nella 7° traccia, oltreché al microfono nella 2° e sempre nella 7°.
Mord alla batteria e il talentuoso
Corax all'altra chitarra. Il quale, Corax, non molto tempo dopo questa registrazione finirà in prigione per tentato omicidio, avendo accoltellato qualcuno; e in seguito convertitosi a Dio lascerà definitivamente la scena metal.
L'album vede anche la presenza di vari ospiti, illustri, e altri meno in vista, come
Nattefrost e
J.Nordavind degli amici
Carpathian Forest;
Discomforter,
Taipan,
Steigen,
Stoever e
Utflod (piano).
Ovviamente, come il precedente episodio, anch'esso è stato prodotto agli iconici
Grieghallen studios per mano nuovamente di
Pytten, coadiuvato da
Steigen; i quali riuscirono a donare a questa opera un tocco crudo, potente e sufficientemente nitido da poter contenere tutta l'estrosità del songwriting di
Hoest.
Entrando nello specifico di
"...doedskvad",
questo si presenta con la medesima struttura dei primi due episodi; dunque anch’esso suddiviso in sette capitoli dall’omonimo nome del full-length.
"...doedskvad" si può considerare come un LP che colma il profondo iato che intercorreva tra la furia gelida, iconoclasta e monocromatica di
"Nattestid ser porten vid", e l'estrosità poetica, spinta ai limiti del Progressive, infarcita di variopinti elementi mutuati dall'Heavy Metal, dal Folk, il Rock/Punk, e non solo, di
"Over Bjoergvin graater himmerik".
Qui si propende per dinamiche più cruente e sanguinarie, e indubbiamente meno poetiche; fattore che si ripercuote anche nei testi, rigorosamente in antichi caratteri runici, caratterizzantesi per un'introspettività tetra e densa di connotati omicidi. Una furia sonora che poggia i piedi tanto sul terreno del tradizionale True Norwegian Black Metal, quanto su prepotenti innesti Thrash. Questi si avvertono subito dall'open-track, così come gli echi della Bay Area della seconda traccia.
Inoltre non rinunciarono alle sperimentazioni e al guitarwork melodico di matrice Heavy; ai richiami al Folk, rinvenibili per esempio nell'immancabile strumentale del capitolo
"VI", e a qualche tratto sinfonico che si inserisce nell'irruenza del magma sonoro scatenato dai
Taake (provate a fare attenzione al quarto brano).
Tutto però viene convogliato all'interno di un ambito estremamente aggressivo, diretto e intransigente.
Vi è tanto odio qui dentro, tristezza e disperazione, che vengono in parte stemperati da alcune note di piano e altre delicatezze sublimi, che solo un'artista come
Hoest poteva permettersi di condensare in misura così convincente ed emozionante.
Si arriva alla fine dell'ascolto travolti dall'emozione dei venti oscuri del nord; gelidi e al tempo stesso carismatici, ricchi di rimandi ai grandi classici della nostra amata musica… Non può non scendervi una lacrima, quando il riff monocorde, che è quanto di più norvegese vi sia, chiude con dilaniante ed elitaria solennità il capitolo di una trilogia magica…
Ponendo termine a un'era destinata a non risorgere.
Recensione a cura di
DiX88
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