"Ehi Gab, come descriveresti il sound di questi Votum?"
"Mah, così su due piedi mi sembrano una versione più incazzata dei Riverside..."
Ecco, con un botta e risposta tra me e me (e raramente i due "me" vanno d'accordo) definirei così la proposta dei
Votum. Attivi dal 2002 e ormai giunti alla quarta fatica discografica dopo alcuni avvicendamenti in formazione, questi sei ragazzi di Varsavia ce l'hanno messa proprio tutta per fare il famoso "salto di qualità", tanto da "scomodare"
David Castillo per il mix (già al banco per Katatonia, Bloodbath, Opeth) e
Tony Lindgren (Paradise Lost, Leprous, Kreator) per il mastering. La ciliegina sulla torta è un titolo,
":KTONIK:" (che più che un titolo sembra un codice fiscale) sicuramente in grado di catturare l'attenzione. Tutto questo dispendio di energie stona un pochino con il risultato finale, non tanto per la qualità dei brani in sé quanto perché, avendo citato precedentemente e non a caso i connazionali Riverside, le mie orecchie avrebbero preferito una produzione meno "massiccia" e più "morbida" per favorire un sound dove a prevalere sono accordi lunghi e atmosfere spesso rarefatte piuttosto che funambolici virtuosismi o ritmiche serrate. Nel complesso il disco scorre bene, i brani girano e hanno comunque tutti quel "twist" che li rende interessanti (nello specifico
"Spiral",
"Prometheus" e
"Last Word" mi sembrano i momenti salienti dell'album). Un neo consistente sta a mio avviso nelle linee vocali, piuttosto "banalotte", sempre "sospese" e mai in grado di fissarsi appieno nella testa di chi ascolta. Se amate le atmosfere più tranquille di Anathema o Porcupine Tree (con qualche spruzzata cinematografica/elettronica) e siete curiosi di sentire come suonerebbero in mano a dei produttori molto "più metal" e decisamente "meno prog", qui c'è da divertirsi. Scoprite da voi se vi può piacere o meno.
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