Avere la possibilità di ascoltare ripetutamente e con calma la maestosa Rock Opera dei
Dream Theater, dal titolo “
The Astonishing”, mi ha sicuramente permesso di avere un parere più completo e approfondito su un album che, inutile negarlo, è talmente lungo ed articolato che necessita di tempo, attenzione, ripetuti ascolti per cominciare a risultare omogeneo anche alle orecchie del fruitore.
Due cd, 34 canzoni, 135 minuti di rock, metal, prog (ma senza esagerare) e molto altro, il tutto costruito intorno ad una storia distopica sgorgata dalla penna del guitar mastermind
John Petrucci. Siamo in un futuro in cui il
Great Northern Empire of the Americas controlla con mano dispotica tutta la popolazione, impedendo (tra le altre cose) la diffusione della creatività e della musica; a tale scopo, come in un novello Big Brother, nel cielo ronzano i
NOMACS, acronimo di NOise MAChineS, che con il loro ‘rumore’ controllano e sottomettono l’estro e lo spirito creativo della popolazione, ritenuto pericoloso e destabilizzante. Ma nel piccolo villaggio di
Ravenskill già si parla di un ragazzo, Gabriel, che sembra avere il Dono della Musica, e che già sta diventando un simbolo di rivolta e di possibile redenzione per la popolazione oppressa dall’Impero…
L’avvincente trama si svilupperà lungo tutto l’album, non perdendo mai (e questo è bene averlo in testa, nell’approcciarsi a questo monolitico lavoro) la posizione centrale; ciò significa che ogni nota che ascolterete in “The Astonishing”, ogni movimento, ogni brano, è messo lì apposta per servire alla narrazione, e non viceversa. L’idea di mettere in piedi una sorta di Rock Opera, di conseguenza, costringerà la band a piegare le proprie incredibili doti al servizio di un copione che spesso procede su territori morbidi e sussurrati, e raramente lascia andare le redini. Cosicché, ed è meglio chiarirci subito, “The Astonishing” DEVE essere ascoltato come la colonna sonora di un musical, più che come un doppio album metal progressive.
Apre (realmente) le danze “
Dystopian Overture”, che nel classico stile “Six Degrees”-“Scenes from a Memory” contiene tutti i motivi portanti dell’intero lotto, riarrangiati come una sorta di “opening scene”. Da subito dopo, ossia con "
The Gift of Music", si entra nel vivo, ed è più che doveroso fare un plauso alle incredibili doti interpretative del singer
James LaBrie che, come anticipato da Petrucci in varie interviste, stavolta si supera nell’interpretare sei o sette personaggi diversi, riuscendoci quasi sempre ed eleggendosi a vero protagonista del platter. I movimenti, soprattutto nel primo cd, procedono con brani quasi sempre brevi e non troppo carichi musicalmente, visto che la storia inizia a dipanarsi solo adesso. La band ‘alza la testa’ solo in pochi brani, tra cui “
A Better Life”, “
A life left behind” o la splendida “
A new beginning”, per il resto sono le melodie di Rudess e la voce di James a trainare le fila della narrazione. Attenzione in particolare a “
Brother, can you hear me”, che contiene il vero motivo portante di tutta l’opera, e che sentirete ripetuto in una miriade di diversi arrangiamenti qui e là, fino alla fine del platter. Un primo cd più d’atmosfera che di impatto, che comunque non manca di sorprendere con inusuali arrangiamenti, come il movimento quasi tango di “
Lord Nafaryus”, l’emozionante “
Three Days” o il drammatico rock di “
The Road to Revolution”.
È il secondo cd che invece darà qualche soddisfazione in più al fan ‘medio’ dei DT, visto che, grazie anche all’incalzare della storia, i cinque musicisti cominciano a pestare con più convinzione per sorreggere scene più cariche di pathos. Mi riferisco in particolare a “
Moment of Betrayal”, sicuramente uno dei brani migliori del lotto e già dato in ascolto al pubblico, alla drammatica “
The Walking Shadow”, al lento strappalacrime “
Losing Faythe” o al power rock di “
Our New World”, che ci porta verso un finale che mi sarei aspettato più carico ed esplosivo, e che invece (come molte sezioni all’interno del cd) tende ad ammorbidirsi e a scegliere la strada della melodia piuttosto che quella della tecnica o dello strabiliare con sezioni prog, che qui sono davvero pochissime, al netto della indiscutibile capacità esecutiva della band.
Tiriamo le somme: una storia avvincente e ben raccontata, un LaBrie in stato di grazia assoluta, una band troppo spesso sacrificata sull’altare della Rock Opera, un cd con troppe parti interlocutorie e pochi highlights, per un lavoro ambizioso oltre ogni aspettativa, che a me ricorda molto una sorta di ‘
Jesus Christ Superstar’ suonato ed arrangiato con il gusto di oggi. “
The Astonishing” è il parto di una band che di sicuro ha tentato di stupire e superarsi, spiazzando completamente l’ascoltatore e tentando la carta del concept-musical. Giudicare tutto questo e condensarlo in un numerino, come immaginerete, è impresa ardua se non impossibile. Impresa che assolvo tentando di sommare un po’ tutte le aspettative non soddisfatte, i momenti esaltanti, la prestazione tecnica e l’incredibile lavoro in fase di stesura di un album gargantuesco. Mai come adesso, attendiamo i vostri pareri personali, che giocoforza dipenderanno da chi siete, dove andate, cosa volete. Un fiorino!