I danesi
Vanir, con "
Aldar Rök", realizzano il loro quarto album, al quale giungono dopo l'ennesimo assestamento della loro line-up, che registra anche l'ingresso del chitarrista degli Iron Fire,
Kirk Backarach. Quello che non cambia è la loro dedizione per tematiche influenzate dalla mitologia norrena, infatti, basta pensare che i Vanir ne rappresentavano una delle due stirpi divine (l'altra erano gli Æsir) e che il titolo del nuovo album, "
Aldar Rök", sta a raffigurare il più noto Ragnarök: la battaglia finale tra le forze della luce e dell'ordine e quelle delle tenebre e del caos. Ad ogni modo, "
Aldar Rök" non sembra essere un vero e proprio concept album sul Crepuscolo degli Dei, anche se i temi toccati sono sempre e comunque legati a doppio nodo alla tradizione e alla storia dell'antica Scandinavia.
Musicalmente ritroviamo i
Vanir in pieno territorio Pagan/Viking Metal, diciamo dalle parti di gruppi come Helheim, Amon Amarth, Skálmöld o Einherjer, poco più di mezzora per sette brani che su una base spiccatamente Death Metal ("
Unrepentant" e l'ottima "
Broken Throne") non si fanno mancare toni Black ("
Black Legion" e "
The Serpent"), o marziali e battaglieri ("
Pretorian" e "
Wrath of Sutr"), il tutto sovrastato da un cantato aggressivo e brutale, con
Martin Håkan che si erge principalmente in growl pur senza disdegnare passaggi in screaming. Soprattutto, rispetto al passato, vengono praticamente messi da parte tutti gli aspetti folkeggianti, se non nella conclusiva "
Drukvisen", come quelle cornamuse che avevano fortemente caratterizzato il precedente "The Glorious Dead", e se questa scelta rischia di sacrificare un po' di fantasia e varietà, lasciando questo compito al solo tastierista
Stefan Dujardin, al contempo ne accresce la forza d'impatto.
I was born to
reviewHear me while I
write... none shall hear a lie
Report and
interview are taken by the will
By divine right hail and
write
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