Secondo disco per i tedeschi Faun, band completamente dedita ad un folk che, pur avendo una forte componente medievale, non disdegna altre influenze. La band suona completamente in acustico, utilizzando strumenti antichi quali l’arpa celtica, cornamuse, nickelharpa e molti altri a me sconosciuti. Le atmosfere create sono le più variegate, ma spesso le canzoni acquistano un incedere quasi ipnotico, vuoi anche per le suadenti voci delle cantanti Elizabeth Pawelke e Fiona Ruggenberg. Il sound creato è suggestivo, intimistico, a tratti evocativo, rimanda a certe cose degli Empyrium e si discosta quindi dai baccanali degli In Extremo.
Molto belle canzoni come “Unda” e “Punagra”, ma anche “Isis” che vede alla voce il singer Oliver Pade, il quale ci regala una prestazione molto depressiva e malinconica. Unica concessione all’elettronica è “Egil Saga”, dalle movenze oscure e inquietanti che all’improvviso virano verso un mood danzereccio. Si parlava di altre influenze ed ecco quindi “Ne Aludj El”, che ha un’atmosfera orientaleggiante, mentre è assolutamente inspiegabile il monologo in tedesco di “Cernunnos”.
Il disco contiene anche due video, quello di “Punagra” e quello di “Andro” entrambi catturati con una performance dal vivo, nel quale è evidente la bravura della band nel suonare tutta quella mole di strumenti antichi.
In definitiva questo è un disco piacevole che però non aggiunge nulla alla tradizione folk europea, pur risultando affascinante nel suo voler riproporre un suono antico, senza tempo.