Copertina 5,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2015
Durata:24 min.

Tracklist

  1. STEW OF MEOW (CHINESE DEMOCRACY)
  2. SILENCE (ARISING FIRE)
  3. STRANGE KIND OF FRIEND
  4. MASTER AND SLAVE
  5. TALE OF A DRUNKARD

Line up

  • Mattia: vocals
  • Perenz: guitar
  • Checco: guitar
  • Demetrio: bass
  • Pier: drums

Voto medio utenti

Quando mi capitano tra le mani demo come questo dei Kross Of Khaoss mi dispiace sempre un po’. Mi dispiace perché stroncare una band agli esordi è sempre sgradevole, soprattutto quando ascoltando i brani si percepiscono l’entusiasmo e la voglia che i ragazzi in questione hanno messo nel registrarli. È anche vero, però, che lodare senza motivo qualcuno non lo fa di certo crescere, ed è proprio per questo motivo che non posso far passare sotto gamba le diverse lacune che si celano all’interno di questo “The dark passenger”.

La band è giovane, e si sente, e quindi incappa in una serie di errori nei quali è facili incappare a questa età. Primo fra tutti quello di voler mischiare, come la loro bio recita, heavy metal classico, thrash, punk, doom, hardcore e hard rock. Il che, se da un punto di vista teorico potrebbe anche risultare una buona idea, dal punto di vista pratico non è così semplice da mettere in atto. Riuscire a prendere il meglio dei generi citati e creare delle composizioni personali e innovative sarebbe una gran cosa, ma spesso si rischia di cadere, come nel caso dei Kross Of Khaoss, nell’errore più semplice e banale, e cioè scrivere un tot di brani molto diversi tra di loro, nei quali prevale ora un genere ora un altro. È proprio questo ciò che accade, visto che l’heavy rock di base si tinge a volte di hard rock, altre di thrash e speed metal, non riuscendo però a risultare omogeneo (dove sentono poi il punk e l’HC i nostri è un mistero al quale non so dare risposta…).

Altra grossissima lacuna del gruppo è la voce. Calcolando che dal punto di vista strumentale ci sono diversi buoni spunti sui quali lavorare in futuro, non riesco a credere che in tutta Treviso (e dintorni) non ci sia un cantante in grado di valorizzare le composizioni del gruppo. Cosa che, non me ne voglia, non è riuscito in alcun modo a fare Mattia, che oltre ad avere dei limiti tecnici di estensione, ha tirato fuori delle melodie vocali davvero troppo banali e prevedibili, per non dire proprio bruttine. Buono invece il lavoro delle chitarre e della batteria, mentre encomio a parte merita Fra, che svolge un ottimo lavoro al basso, e si lancia anche in un assolo molto bello all’interno di “Master and slave”.

Insomma, il consiglio che mi sento di dare a questi ragazzi è innanzitutto di riordinare le proprie idee e dare una linea guida più precisa alle loro prossime composizioni. Poi, per quanto sgradevole possa essere, perché immagino ci siano anche dei legami di amicizia con i quali avere a che fare, cambiare il singer, perché se continueranno così sarà sempre l’anello debole della catena. Per il resto, le basi sulle quali poter lavorare ci sono, però per adesso la proposta è ancora troppo confusa e acerba, per cui a malincuore non posso assegnare una sufficienza piena. Ma il 5,5 deve servire assolutamente da stimolo, non è certamente una stroncatura fine a sé stessa.
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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