Al Jourgensen, per chi non lo sapesse il leader dei
Ministry, è un uomo finito. È un uomo che ha vissuto una vita pericolosamente al limite, al punto che ci si chiede come faccia ad essere ancora vivo dopo un lunghissima dipendenza dalle droghe e uno stile di vita che definire eccessivo è quantomeno riduttivo.
Tuttavia le droghe non hanno mai ridotto la sua proverbiale prolificità e anzi, come in questo nuovo progetto, probabilmente l'hanno aiutato o sono state fonte di ispirazione.
Surgical Meth Machine mette insieme due concetti cardini della vita di Al, ovvero la precisione e il suono chirurgici delle macchine che usa per comporre la sua musica e le metanfetamine.
Nella presentazione allegata al disco il nostro ci spiega che il meth è il carburante, la botta di adrenalina, che, forse metaforicamente ma molto più probabilmente nella realtà concreta, alimenta la sua verve creativa.
Al di là delle parole di
Al Jourgensen ciò che è possibile riscontrare sin dall'ascolto delle prime canzoni del disco è una predilezione per una velocità forsennata, che non sarà la maggiore mai registrata, come sostiene Al, ma che in fin dei conti, oltre a citare il passato dei
Ministry, è alquanto inoffensiva.
“
I'm Sensisive”, “
Tragic Alert” e “
I Want More”, sono delle botte incazzate e veloci di industrial metal. La dopmanda che sorge spontanea è "
qual è la novità?”. Nessuna. Zero. Meno di niente.
Il concetto di velocità è il tema portante di questo disco, al punto che Al, forse in un momento di scarsa lucidità, lo definisce in maniera appropriata “
più veloce del ridicolo”.
Per fortuna che via via, soprattutto nella seconda parte del disco, la velocità scema e si ascolta un po' più di varietà.
“
I Don't Wanna” ha un'anima punk che prende corpo definitivamente in “
Gates Of Steel” che è forse la cosa più vicina all'idea che
Jourgensen ha del punk. Sembra di sentire una versione electro dei
The Business. Idem per “
Spudnik”.
Il trittico finale si compone di due canzoni, “
Just Go Home” e “
Just Keep Going”, che spaziano in territori techno e acid house, e della conclusiva “
I'm Invisible”, dalle atmosfere lounge sulle quali Al canta con voce pulita.
Il giudizio finale si basa su una serie di considerazioni che tengono conto di diversi aspetti. Chi ama i
Ministry e questo tipo di musica troverà di certo piacere nell'ascolto della musica, a patto di non cercare nulla di innovativo o che i
Ministry non abbiano già fatto, abbondantemente e meglio, in passato, per il resto siamo di fronte ad un album inutile, derivativo, ripetitivo, e scontato, il quale, pure quando cerca di andare veloce e suonare incazzato, è in realtà inoffensivo e assolutamente artefatto. Risparmiate i vostri soldi.
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