Gli svizzeri
Helmut si inseriscono nel filone del moderno stoner/doom metal, quell’ampia area che va dai Mastodon ai The Sword, passando per una miriade di altre bands che cercano di attualizzare gli stilemi classici del genere heavy. Un brano come “
Nagarkot” esemplifica questa impostazione: lungo dipanarsi strumentale che miscela passaggi groove con aperture dal respiro quasi progressivo, mostrando una buona capacità tecnica ed una ricerca di strutture articolate.
Nella successiva “
Kelly Preston” compaiono le parti vocali ed anche un primo limite dei ginevrini. Il timbro vagamente grungy non entusiasma, mancando di un reale pathos trascinante. Un elemento che si ripete nello svolgersi del lavoro.
Una seconda componente che desta perplessità è un certo senso di indeterminatezza nella proposta. Ad esempio “
Garlic snails” o “
Transitional women” non sono altro che blues amplificati alla maniera, ad esempio, dei Mos Generator. Un taglio americano che maschera le reali intenzioni stilistiche della formazione elvetica e che scarseggia anche di mordente.
Più potenti episodi quali “
Oensingen” o “
Poor cancer”, che rientrano nel metal stonerizzato canonico, ma l’insieme non convince pienamente.
Al momento, gli
Helmut non superano la soglia dei discreti praticanti del settore.
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