La copertina farebbe pensare a una band death/black metal, ma non è questo il caso. Vero è che
Andrew Markuszewski, ideatore nonché unico artista coinvolto in questo progetto, è legato “mani e piedi” alla scena estrema americana come frontman di
Lord Mantis e
Avichi. Con questo breve EP il cantante/chitarrista si è voluto togliere lo sfizio di omaggiare le atmosfere “spaghetti western” di
Sergio Leone “armandosi” soltanto di una Gibson Hummingbird originale degli Anni Sessanta e di qualche percussione vintage scovata presso i Flying Blanket Recording Studios di
Bob Hoag in Arizona. Risultato? Tutto fumo. Tre tracce sono obiettivamente poche per potersi fare un’idea precisa delle intenzioni dei
Sonoran Rebel Black Magick ma
“Desert Hellfire”, alle mie orecchie, non si dimostra minimamente all’altezza delle aspettative. La voce di
Markuszewski è davvero modesta e per nulla evocativa, e le tanto millantate atmosfere morriconiane di cui sopra io non le ho percepite. Segnalerei piuttosto alcuni richiami doom (l’introduttiva e monotona
“Shining Syndrome”) e qualche spunto, neanche troppo originale, proveniente dalla tradizione folk americana (le successive
“Little Boy” e
“Desert Nomad”). In sintesi, direi che si tratta di un lavoro superfluo e abbastanza incoerente. Se cercate lo “spaghetti western metal” cercatelo in casa nostra e andate ad ascoltare i Redwest: sono senza dubbio migliori da tutti i punti di vista, dalla cura per le composizioni all’immagine. Pollice verso.
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