“Ho visto cose che voi umani non potreste immaginare …”, con questa famosa frase si concludeva l’esistenza del celebre replicante di Blade Runner e sebbene dubito che, oltre alle “… navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione …” e ai “… raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhauser …” si riferisse anche ad un lavoro come quello che andiamo ad analizzare, di sicuro per “l’umano” che scrive in questo momento, era molto difficile prevedere una pubblicazione di questo tipo ad opera di una band come gli Styx.
Insomma, cosa c’entrano gli Styx con un album di cover? Non era forse meglio che un songwriter sopraffino del calibro di Tommy Shaw recuperasse in prima persona penna e pentagramma ed elargisse al mondo un degno successore di “Cyclorama” (quello col “carotone” in copertina, per intenderci)?
Per queste ragioni e per un rapporto piuttosto “controverso” con siffatte operazioni, mi apprestavo a dover affrontare un disco di “maniera” ed invece ho dovuto, con mio gaudio e tripudio, ricredermi di parecchio.
“Big bang theory” è un cd molto intrigante, alquanto distante dal semplice “riempitivo” realizzato con lo scopo di non far dimenticare il proprio nome ai fans (stiamo parlando di un caso in cui l’ipotesi è poco probabile, però …) e assai meglio del disco magari divertente per chi lo crea, ma decisamente meno per chi lo ascolta.
Il gruppo che può essere considerato come uno dei padri fondatori del movimento pomp metal, mette in atto un’impresa davvero notevole, riproponendo una serie di grandi all-time classics del rock senza snaturarli o “strapazzarli” in modo eccessivo, ma “semplicemente” impossessandosene con quella classe innata che una trentina d’anni, caratterizza la loro eccelsa (con qualche piccola caduta di tono e le solite, quasi inevitabili, modifiche di “personale”) produzione discografica.
Gli splendidi Shaw, Gowan (in possesso di una voce molto bella e autore di un’interessantissima produzione solista) e Young, si alternano al microfono con grande abilità (strepitose come sempre, inoltre, le tipiche armonizzazioni corali, realizzate con l’ausilio alle backing vocals del drummer Todd Sucherman e del “nuovo” bass player Ricky Phillips, già membro di Frederiksen/Phillips, Bad English, The Babys e Coverdale/Page), dimostrando di poter affrontare senza difficoltà, sia i brani più vicini alla loro sensibilità musicale, sia quelli, solo in apparenza, ad essa più distanti, regalandoci versioni di motivi piuttosto noti con una forza ed una freschezza sempre molto rilevante.
“I am the Walrus”, “I can see for miles”, “Can’t find my way home”, “I don’t need no doctor”, “Summer in the city”, “Talkin’ about the good times”, “Locomotive breath”, “Wishing well” e persino la “pericolosissima” “Manic depression”, escono dai solchi digitali del dischetto con una rinnovata vitalità, senza perdere un grammo della loro eccezionale caratura originale, grazie ad una band tecnicamente strabiliante (ma non è una novità) e dotata, al tempo stesso di un incredibile corredo emozionale (e neanche questa è una cosa nuova).
Gli Styx decidono addirittura di “coverizzare” sé stessi riproponendo uno dei propri inconfutabili classici personali, quella straordinariamente seminale sorta di hard-rock romantico intitolato “Blue collar man”, qui addizionata con il suffisso “@ 2120” e resa in un adattamento rallentato e bluesy alquanto particolare, ma sempre affascinante.
Non siamo, come appare ovvio, all’altezza dei loro masterpieces del passato (bastano “Crystal ball”, le meraviglie magniloquenti “The Grand Illusion” e “Pieces of eight” o ancora “Paradise theater”?), ma “Big bang theory” è un platter che mi sento di consigliare a tutti, anche ai “die-hard” fans della formazione statunitense (anche se comprendo le inevitabili perplessità e polemiche), poiché si tratta di un ottimo modo per preparare i condotti uditivi a nuove “grandi illusioni” (magari eh!), oltre che un’eccellente opportunità per la riscoperta di brani immortali, che hanno verosimilmente (visto il titolo) l’ulteriore pregio di aver contribuito ad innescare e propagare quell’esplosione capace di generare, tra le altre, anche la maestosa “galassia” sonora chiamata Styx.
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