Copertina 8

Info

Anno di uscita:1989
Durata:45 min.
Etichetta:CBS

Tracklist

  1. IF THIS IS LOVE
  2. HARD WAY HOME
  3. DON'T YOU KNOW
  4. BUT FOR YOU
  5. LOVE HAS NO PRIDE
  6. MAYBE IT'S LOVE
  7. HOLD ON (HANDS AROUND YOUR HEART)
  8. IF I TOLD YOU
  9. I CLOSE MY EYES
  10. AS SHE TOUCHES ME (WHY CAN'T I BELIEVE)

Line up

  • Al Fritsch: vocals, guitar, keyboards
  • Mark Mangold: keyboards, backing vocals, drums

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C'è un geniale individuo che anche lo scorso anno ci ha deliziato con uno degli album più riusciti nel suo campo ('Tomorrow never comes' ), questi è il tastierista, cantante e compositore Mark Mangold grazie alla restaurazione del mito Touch, celebrato anche, o soprattutto, sulle pagine di Metal.it.

Mito perché durante la golden age (ovvero gli anni ottanta) i Touch inaugurarono il primo Monsters Of Rock inglese, sulla base del debutto che ancora oggi rimane un fulgido esempio della commistione a massimi livelli del pomp con l'aor. Ma i Touch non furono la prima esperienza aor di Mark, visto che aveva già dato alle stampe almeno un classico con gli American Tears, 'Powerhouse', dove vi erano impresse autentiche canzoni moloch come 'Can't Keep From Cryin''. Fonda nel 1986 quindi questi Drive, She Said grazie all'incontro con il cantante e polistrumentista Al Fritsch e con al seguito uno stuolo di ospiti davvero impressionante: Bob Kulick, Aldo Nova, Tony Rey, Fiona Flanagan, Benny Mardones e Kenny Aaronson.
Mark Mangold è uno dei grandi esteti dei tasti d'avorio, forse il massimo esempio USA con il divino Gregg Giuffria, ma nei Drive, She Said, secondo una moda imperante nella seconda metà degli eighties, lo vede affrontare uno stile più 'asciutto', visto che il duo si cimenta in puro aor, proprio sullo stile dell'ospite Benny Mardones o di Michael Bolton, con cui Mark ha collaborato.
Va anche annotato che 'Drive, She Said' è anche un album autoprodotto in un'epoca in cui i produttori erano semi divinità.
Come è capitato nell'ultimo 'Tomorrow Never Comes' anche 'Drive She Said' ha il suo tentativo di emulazione alla celeberrima 'Don't You Know What Love Is' e corrisponde al nome di 'Hard Way Home' (ed il titolo è tutto un programma!), a cui viene affiancata proprio il remake di 'Don't You Know' ripresentata in tutto il suo splendore, mentre 'Love has no Pride' è la tipica canzone aor appresa dai maestri Foreigner, prossima ad alcune cose di 'Agent Provocator'. Se 'I Close My Eyes' è cantata in modo estatico da Al Fritsch, 'If I Told You' potrebbe essere una versione più aor del primo inarrivabile House Of Lords.

Ma è l'intero album che funziona e non mostra punti deboli, in quell'anno di grazia, il 1989, che per molti rockers come ho già avuto modo di scrivere per i Tangier rappresenta ancora oggi un vero spartiacque, e 'Drive, She Said' alla fine dell'anno risultò uno dei più riusciti dell'intera annata e oggi va ripescato come l'ennesimo disco classico in materia.

Recensione a cura di Fabio Zampolini

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 24 mar 2022 alle 15:52

si tratta di uno dei primissimi album mai comprati dal sottoscritto, appena 14enne, spinto da una recensione credo di HM... subito innamorato di queste sonorità, disco intramontabile.

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