Nel corso di una carriera più che ventennale gli
Hatebreed hanno iscritto il proprio nome nella hall of fame dell’hardcore e, più in generale, della musica pesante.
Il settimo full-lenght, il qui presente “
The Concrete Confessional”, ce li presenta incazzati come sempre, affilati e deflagranti, forieri di un costante e indomito assalto sonoro, condito di invettive sociali e politiche urlate come se non ci fosse un domani dal carismatico singer
Jamey Jasta.
Ciò detto potremmo anche chiudere qui la recensione.
Tuttavia corre l’obbligo, premesso che non c’è nulla di nuovo sotto il sole, di dare conto del fatto che il disco fila via abbastanza velocemente, con picchi che possono essere rinvenuti nell’accoppiata costituita da “
From Grace We’ve Fallen” e da “
Us Against Us” e da “
The Apex Within” che aggiunge dei cori Oi! al pezzo che fanno un effetto tanto strano quanto piacevole.
Ottima anche “
Remember When” che, nell’incipit, sembra richiamare i
Machine Head di “
The More Things Change”, a riprova della maggiore vicinanza al metal piuttosto che al punk della band di New Haven.
Il resto è hardcore/metalcore tirato, teso, violento, con notevoli break nei quali il groove supera i livelli di guardia, a riprova che la band, nonostante il peso degli anni, è ancora in forma e ha ancora voglia di spaccare.
Ciò che stroncheremmo in altre band più giovani ci riesce di apprezzare negli
Hatebreed. In fondo a noi basta che continuino così, a spaccare culi che per le avanguardie abbiamo già dove rifornirci altrove.
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